VOCE
GAZA
18.08.2025 - 18:45
Un fiume umano in strada, una bandiera lunga quanto una speranza collettiva e i volti degli ostaggi a scandire il ritmo dei cori: in Israele la protesta contro la guerra a Gaza si è trasformata in un test di stress per la leadership di Benjamin Netanyahu e per la strategia del governo. Il 17 agosto, su impulso del Forum delle famiglie dei rapiti, un vasto sciopero generale e decine di manifestazioni hanno chiesto due obiettivi intrecciati: un accordo per riportare a casa gli ostaggi e lo stop alle operazioni militari.
Secondo il Forum delle famiglie degli ostaggi, a Tel Aviv sono scese in piazza quasi 500mila persone; nell’insieme del Paese i partecipanti alle proteste sarebbero stati circa un milione. Il messaggio della piazza è stato netto: «rilascio di tutti gli ostaggi e fine della guerra», un conflitto che va avanti da quasi due anni. Nel frattempo, l’intelligence israeliana ritiene che siano una ventina gli ostaggi ancora vivi nella Striscia di Gaza. A Tel Aviv, la piazza ribattezzata “Piazza degli Ostaggi” ha ospitato la grande bandiera con i ritratti dei rapiti, divenuta simbolo della mobilitazione. Cortei e blocchi hanno interessato anche altre città e le principali arterie stradali, inclusa l’autostrada che collega Tel Aviv a Gerusalemme. Sotto la residenza di Netanyahu si sono concentrati i cori «riportate tutti indietro» e «stop alla guerra». Alla mobilitazione si sono uniti anche centinaia di riservisti reduci dal fronte. La tensione non è mancata: si sono registrati tafferugli con le forze di sicurezza, presenti in massa, e circa quaranta fermi per “disturbo dell’ordine pubblico”, secondo la polizia.
Il capo del governo Benjamin Netanyahu ha liquidato le proteste come un favore a Hamas. La linea dell’esecutivo resta ancorata al piano di occupare l’intera Striscia di Gaza per “sradicare Hamas”. Dalla destra più dura sono arrivate parole ancora più taglienti: il ministro delle Finanze e leader dei coloni, Bezalel Smotrich, ha accusato chi chiede la fine della guerra di irrigidire la controparte e di garantire la ripetizione «degli orrori del 7 ottobre», avviando «una guerra senza fine».
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