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LA STORIA

Raffica di vocali: condannata

Settanta messaggi in mezz’ora: per il giudice è molestia.

Raffica di vocali su WhatsApp dopo la lite per la casa: condannata per molestie

Settanta messaggi vocali in appena trentacinque minuti, con toni minacciosi e offensivi: è quanto ha convinto il Tribunale di Torre Annunziata a condannare una donna della provincia di Napoli per molestie e disturbo alla persona, con una pena di un mese di reclusione sospesa.

I fatti risalgono all’agosto 2021 a Striano e hanno avuto origine da una lite familiare per l’uso di una casa di vacanza: secondo l’accusa, il padre aveva stabilito dei turni tra i figli, ma il fratello della vittima avrebbe occupato l’immobile nel periodo riservato alla sorella; la compagna dell’uomo sarebbe allora intervenuta sostenendo pretese sul possesso e, durante la serata della controversia, avrebbe inviato alla cognata settanta messaggi vocali tramite WhatsApp nell’arco di poco più di mezz’ora, utilizzando il telefono del figlio.

In dibattimento la sequenza dei messaggi, i tempi e i toni sono stati ritenuti provati e idonei a integrare una condotta molesta: il giudice ha escluso che si tratti di “lieve entità”, osservando che la reiterazione, la natura minacciosa dei contenuti e l’effetto di accerchiamento comunicativo assumono rilievo ben oltre la brevità temporale dell’episodio. Pur concedendo la sospensione della pena, il tribunale ha di fatto tracciato una linea netta sul confine tra screzio familiare e responsabilità penale quando le tensioni vengono trasferite nelle chat.

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