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Washington tenta un summit lampo

Possibili concessioni sul Donbass

Washington tenta un summit lampo

Tra prudenza e urgenza, Washington diventa oggi il cuore della diplomazia di guerra e di pace. Donald Trump spinge per chiudere presto, persino entro venerdì, con un vertice a tre che cambi il corso del conflitto in Ucraina. Ma l’accelerazione americana incrocia due nodi esplosivi: l’ipotesi di garanzie “stile articolo 5” della Nato per Kiev e la mappa delle possibili concessioni territoriali nel Donbass. È qui che i leader europei, timorosi di una “trappola” politica, cercheranno di frenare l’impeto e di ancorare qualsiasi intesa a un cessate il fuoco immediato.


Oggi alla Casa Bianca sono attesi Volodymyr Zelensky e i leader europei: Ursula von der Leyen, Friedrich Merz, Keir Starmer, Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Alexander Stubb e il segretario della Nato, Mark Rutte. L’agenda prevede un bilaterale iniziale tra Trump e Zelensky e, a seguire, un pranzo di lavoro con la delegazione europea. L’obiettivo dichiarato dai partner Ue è sottrarre terreno ad alcune pretese che, stando alle ricostruzioni raccolte da Paolo Mastrolilli per Repubblica, avrebbero trovato orecchie favorevoli al Cremlino nell’incontro di Anchorage, orientando l’esito verso un cessate il fuoco prima di qualunque summit a tre già auspicato da Trump per venerdì.


Secondo l’inviato speciale americano Witkoff, che lo ha detto alla Cnn, Vladimir Putin avrebbe accettato che “gli Usa offrano una protezione come l’Articolo 5 della Nato” a Kiev: un ombrello dissuasivo per scoraggiare future invasioni, presentando alla Russia il rischio di uno scontro con l’intero Occidente. Ma il punto critico è procedurale e politico. L’articolo 5 obbliga i membri Nato alla difesa collettiva; come funzionerebbe per un Paese non membro? - Si profila un modello ibrido: europei con personale sul terreno, a partire da Regno Unito e Francia che avrebbero già promesso uomini; Stati Uniti concentrati su intelligence, armamenti e supporto tecnologico. - Senza un trattato formale, però, restano ambiguità su catena di comando, regole d’ingaggio e soglia di intervento in caso di nuovi attacchi.


Altro dossier rovente sono le “cinque regioni orientali” su cui Mosca avrebbe fatto aperture: Donetsk, Lugansk, Cherson, Zaporizhzhia e Crimea. I contorni, per ora, non sono chiari: “la cessione dei territori ucraini sarà discussa alla Casa Bianca”, è la formula che circola. L’ipotesi più sensibile che agita le cancellerie europee è lo scambio tra: - cessione dell’intero Donbass (Donetsk e Lugansk) alla Russia, - e congelamento del fronte sulle linee attuali a Cherson e Zaporizhzhia. Trump, inoltre, non vorrebbe nuove sanzioni contro Mosca per non compromettere l’avvio di un percorso di pace. Da Kiev arriva un no netto a qualsiasi baratto territoriale. Oleksandr Merezhko, presidente della Commissione Esteri della Verkhovna Rada, ha spiegato:  “Zelensky non può farlo. È incostituzionale. Equivarrebbe a un tradimento, per la legge ucraina. E cambiare la costituzione mentre vige la legge marziale non si può. Ma anche se si potesse, io non riesco a immaginare un solo deputato ucraino disposto a firmare una legge del genere”.

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