VOCE
GAZA
20.08.2025 - 12:50
Il ritmo degli eventi accelera. Mentre l’Esercito israeliano prepara una nuova spinta su Gaza City, il governo dà il via libera all’espansione E1 in Cisgiordania, il Cairo traccia la sua “linea rossa” e Teheran alza il livello della deterrenza. In mezzo, la società civile – dai familiari degli ostaggi ai leader religiosi – tenta di tenere aperto uno spazio per la diplomazia. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha approvato il piano dell’IDF per la conquista di Gaza City, presentato dal capo di Stato maggiore Eyal Zamir e dal team di comando. L’operazione è soprannominata “I carri di Gedeone” (in diverse iterazioni, indicate come “B” o “II”). In parallelo, da domani l’IDF richiamerà circa 60.000 riservisti a sostegno dell’offensiva.
Il bilancio che pesa sul negoziato. Secondo il governo di Gaza controllato da Hamas, almeno 18.885 bambini sono stati uccisi nella Striscia dall’inizio della guerra il 7 ottobre 2023, su un totale di oltre 62.000 vittime palestinesi; lo riporta Al Jazeera. Il Forum dei familiari degli ostaggi e dei dispersi chiede un incontro urgente con Katz ed Eyal Zamir, avvertendo che l’approvazione dell’offensiva su Gaza City mentre “c’è un accordo sul tavolo” in attesa del via libera di Benjamin Netanyahu è “una pugnalata al cuore” delle famiglie. Questa sera è prevista una marcia lungo la Route 232, al confine con Gaza, con partenza dal Kibbutz Be’eri, per chiedere un’intesa che riporti a casa tutti i rapiti e fermi la guerra. In questa fase, la pressione dell’opinione pubblica domestica può pesare quanto i calcoli militari.
Sul fronte europeo, Netanyahu attacca duramente il presidente francese Emmanuel Macron per il riconoscimento di uno Stato palestinese: “Il vostro appello getta benzina sul fuoco antisemita… premia il terrore di Hamas”, scrive in una lettera. La replica di Parigi arriva dal ministro per gli Affari europei Benjamin Haddad: “La Francia non ha lezioni da imparare nella lotta contro l’antisemitismo”. Per l’Egitto, lo sfollamento dei gazawi fuori dalla Striscia è una “linea rossa”. Il ministro degli Esteri Badr Abdelatty, alla CNN, parla di “liquidazione della causa palestinese”, accusa Israele di ostacolare gli aiuti via Rafah e di “mancanza di volontà politica” nel chiudere un accordo con Hamas. L’ufficio del ministro israeliano degli Esteri Gideon Saar tace. Si parla di contatti con Indonesia, Somaliland, Uganda, Sud Sudan e Libia per l’eventuale accoglienza di sfollati: una prospettiva che incontra la netta opposizione del Cairo e aprirebbe fronti legali e umanitari delicatissimi.
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