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PADOVA

Cinque fiocchi arcobaleno scatenano la polemica

L'assessore Colonnello celebra la nascita della sua creatura, la Lega attacca

Cinque fiocchi arcobaleno per Aronne: il gesto di Colonnello accende il confronto a Padova

I fiocchi appesi sulla porta dell'ufficio di Colonello a palazzo Moroni

Cinque fiocchi arcobaleno appesi alla porta di un ufficio comunale bastano, a Padova, per accendere un confronto sul confine tra simboli, identità e politica. A dare il via al dibattito è stata la scelta di Margherita Colonnello, assessora al Sociale del Comune, che ha voluto salutare la nascita del primogenito Aronne con una firma cromatica inedita, già annunciata dal palco del Padova Pride di fine maggio. La replica, immediata e dura, è arrivata dai banchi della Lega.

Margherita Colonnello ha affisso cinque fiocchi arcobaleno sulla porta del suo ufficio in Comune per celebrare il figlio appena nato. Un gesto pubblico, dunque, che travalica la sfera privata e si offre come messaggio: i colori al posto delle consuetudini del rosa e dell’azzurro. L’assessora lo aveva anticipato durante il Padova Pride: “Cara bambina, caro bambino: non ti regalerò né il fiocco rosa né quello azzurro. Ti regalerò un fiocco arcobaleno perché i colori sono tutti bellissimi. E poi sceglierai tu: sarà il rosa, sarà il blu, o il verde, il rosso o il giallo. Spero solo che tu non scelga mai i colori della paura. Spero che tu non scelga di diventare xenofobo o omofobo, perché la fobia fa male. Proverò a donarti tutto il coraggio del mondo, perché se avrai coraggio non conoscerai il mondo secondo il bianco o il nero, ma secondo i mille colori della bellezza”.

Colonnello ha accompagnato la scelta anche con una riflessione sul nome del bambino: “Viene da lontano – spiega – attraversando secoli e culture, sa di ulivo, vite e vento del Mar Mediterraneo. È quello di un ragazzo che ha partecipato alle barricate antifasciste dell’Oltretorrente a Parma, cioè il bis-bis nonno di nostro figlio e così, affidandoglielo, gli auguriamo che possa scegliere sempre la luce, la speranza e l’amore”. Un intreccio di memoria familiare, evocazione storica e auspicio etico, reso pubblico nello spazio istituzionale dell’ufficio.

La consigliera comunale Eleonora Mosco, Lega, contesta apertamente la scelta: “Benvenuto piccolo Aronne. Che tristezza però vederti trasformato, appena nato, in un manifesto ideologico. La natura non è un catalogo: si nasce maschio o femmina, punto. Difendere i bambini significa proteggerli dalla confusione che certa sinistra vuole imporre, negando buonsenso e realtà”. Per Mosco, dunque, l’arcobaleno non è un semplice augurio, ma il simbolo di un orientamento ideologico che, esposto in un ufficio pubblico, rischierebbe di caricare di significati politici la nascita di un bambino.

Il caso mette a fuoco una frattura che corre lungo due idee del messaggio pubblico. Da un lato, l’uso dei colori come promessa di libertà di scelta e di rifiuto della paura; dall’altro, la difesa di un riferimento binario alla natura e alla crescita dei minori, percependo nell’arcobaleno un segnale ideologico. Sono visioni che, nel testo delle protagoniste, si sfiorano e si respingono: la prima insiste su pluralità, speranza e coraggio; la seconda su realtà, buonsenso e protezione dei bambini. Qui sta il cuore del confronto, tutto interno a Padova ma riconoscibile nel linguaggio politico nazionale: che cosa significhi oggi, in un luogo istituzionale, scegliere un simbolo e affidargli il compito di parlare alla comunità.

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