VOCE
Camponogara
31.08.2025 - 09:26
Si è spento in una casa presa in affitto a Camponogara, Moreno “Keno” Monetti, 67 anni, nome noto della cronaca nera del Veneto. Ex esponente della cosiddetta Mala del Brenta, era stato arrestato in flagranza pochi giorni prima e si trovava ai domiciliari. Giovedì 28 agosto il proprietario dell’abitazione lo ha trovato senza vita, al termine di una mattina di tentativi andati a vuoto per avere un cenno dall’inquilino.
A dare l’allarme è stato lo stesso proprietario di casa. Non vedendolo uscire e non ottenendo risposta al campanello, si è attrezzato con una scala, ha raggiunto una finestra al primo piano e, attraverso i vetri, ha scorto il corpo esanime dell’uomo. Monetti, originario di Vigonovo, viveva da poco in quell’appartamento. I funerali sono stati fissati per martedì 2 settembre alle 9.30 nel duomo di Dolo.
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Nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 agosto gli agenti del Commissariato di Conegliano avevano fermato Monetti in flagranza, insieme a Graziano Pulze, pregiudicato residente nel Padovano. Entrambi erano stati posti agli arresti domiciliari in attesa di processo. Secondo quanto accertato dagli investigatori, i due si muovevano con equipaggiamento da scasso: nell’auto e sugli indagati sono stati sequestrati guanti e sottocaschi in tessuto, un borsone con flessibili e piedi di porco, oltre a diverse chiavi di altre auto. Nelle tasche di Monetti i poliziotti hanno recuperato anche due orologi di discreto valore, appena sottratti da una credenza. Un episodio che, per modalità e bottino, racconta la fase finale della sua parabola: furti domestici, spesso di scarso rilievo economico, ben lontani dal “periodo d’oro” della criminalità organizzata veneta.
Il nome di Monetti era legato anche a un’azione eclatante del 2014: un’incursione armata contro un portavalori della Civis all’Iperlando di Veggiano, in provincia di Padova, assieme ad altre persone della Riviera del Brenta. In quell’indagine emersero a suo carico accuse pesanti, tra cui il sequestro di persona di una guardia giurata, e il suo coinvolgimento fu delineato dai carabinieri anche grazie a riscontri di Dna. Il “socio” che sparò e ferì il portavalori sta ancora scontando la pena in carcere. Dopo quel capitolo e un periodo di latitanza all’estero, Monetti era rientrato in Veneto.
Il rientro non aveva segnato un nuovo inizio. Per “racimolare qualcosa”, come emerge dagli atti, Monetti avrebbe ripreso a colpire nelle abitazioni, tra cui un tentato furto a Santa Lucia di Piave (Treviso) insieme all’ultimo “socio in affari”, il padovano Graziano Pulze. La coppia è finita sotto la lente degli agenti di Conegliano proprio per quei movimenti notturni, fino al fermo tra il 22 e il 23 agosto.
La traiettoria di Monetti, dalla Riviera del Brenta all’ultimo appartamento di Camponogara, sintetizza l’ingombro di un passato che non si è mai dissolto. Le accuse per l’assalto al portavalori, la latitanza, il ritorno ai furti minori: tasselli che disegnano una vita criminale a intensità decrescente, ma mai davvero interrotta. Un percorso che riaccende domande note sulla prevenzione della recidiva e sulle possibilità concrete di reinserimento per chi ha militato in contesti criminali strutturati: l’ultimo tratto, fatto di colpi “di sopravvivenza” e di domiciliari, racconta più di ogni giudizio.
La comunità della Riviera del Brenta è chiamata a un saluto sobrio, tra memoria, cronaca e ferite mai del tutto rimarginate. Martedì 2 settembre, alle 9.30, nel duomo di Dolo, gli verrà dato l’ultimo commiato. Restano i fascicoli, le date e i nomi; e resta il bilancio amaro di una vita trascorsa all’ombra di reati che, a ogni passaggio, hanno lasciato segni profondi sulle vittime, sul territorio e su chi quei reati li ha commessi.
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