VOCE
IL CASO
03.09.2025 - 18:58
E se fosse stato il Medioevo, prima ancora della scienza moderna, a smascherare la Sindone di Torino? Un nuovo studio riporta alla luce un testo che, con sorprendente chiarezza, accusa di frode la presentazione del celebre sudario lungo 4,3 metri. A firmare la scoperta è lo storico Nicolas Sarzeaud dell’Università Cattolica di Lovanio, che ha identificato in un trattato di Nicole Oresme la più antica smentita scritta conosciuta dell’autenticità della Sindone. I risultati, pubblicati sulla rivista peer-reviewed Journal of Medieval History, rimescolano le carte di un dibattito secolare.
Che cosa dice, esattamente, il documento? Oresme, teologo francese tra i più ascoltati del suo tempo e noto per il suo approccio razionale a miracoli e fenomeni naturali, scrive: “perché molti ecclesiastici ingannano gli altri in questo modo, per ottenere offerte per le loro chiese. Questo è chiaramente il caso di una chiesa nella Champagne, dove si diceva che lì si trovasse il sudario del Signore Gesù Cristo, e del numero quasi infinito di coloro che hanno falsificato tali oggetti, e altri ancora”. La frase, diretta e senza attenuanti, punta il dito su un caso concreto di “frode” devozionale. Secondo l’analisi di Sarzeaud, Oresme si riferisce alla presentazione di una Sindone come autentica a Lirey, un villaggio della Champagne, probabilmente intorno al 1370. Non a caso, in epoca medievale il reperto era noto come “Sindone di Lirey”. La vicenda circolò rapidamente: arrivò fino a Parigi, al punto che Oresme la cita fiducioso che i lettori avrebbero colto il riferimento. Un dettaglio non secondario, perché mostra che lo scetticismo non era un’eccezione isolata, ma parte di un discorso pubblico già vivo nel XIV secolo. Oresme non era un polemista di passaggio. Il suo prestigio si fondava su opere che attraversavano economia, matematica, fisica, astrologia, astronomia e filosofia, oltre alla teologia. Nel suo orizzonte, i “miracoli” andavano spiegati con rigore. Proprio per questo, la frase sulla Sindone si configura come la prima dichiarazione scritta “ufficiale” e autorevole di non autenticità finora nota: non un mormorio, ma un giudizio argomentato di un intellettuale di riferimento.
Il documento medievale non arriva nel vuoto. Negli anni, diverse indagini scientifiche hanno ridimensionato l’ipotesi di autenticità del telo. Le datazioni al radiocarbonio hanno collocato la sua fabbricazione tra la fine del XIII e il XIV secolo. E quest’estate un articolo su Archaeometry, tramite un’analisi 3D, ha concluso che il lino fu avvolto attorno a un modello, non a un corpo umano, e certamente non a quello di Gesù. Un tassello dopo l’altro, il mosaico converge verso un’origine medievale. “Questa reliquia, oggi controversa, è stata al centro di una polemica tra sostenitori e detrattori del suo culto per secoli”, osserva Sarzeaud. Per Andrea Nicolotti, tra i maggiori esperti mondiali della Sindone di Torino, i risultati del nuovo studio rappresentano “un’ulteriore prova storica che anche nel Medioevo si sapeva che la Sindone non era autentica”. Largo alle indagini.
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