VOCE
IL CASO
03.09.2025 - 18:49
Un professore rigoroso, una classe in affanno dopo la Dad, parole estrapolate e lette come ingiurie. Poi, la svolta: il tribunale rimette al centro il contesto educativo e assolve l’insegnante. A Grosseto, la sezione lavoro ha annullato la sanzione disciplinare inflitta a un docente di un liceo scientifico, stabilendo che quelle espressioni finite sotto accusa erano usate per spiegare ai ragazzi perché le etichette non definiscono le persone. La vicenda nasce dalla segnalazione di uno studente: in classe il professore avrebbe pronunciato termini ritenuti dispregiativi, tra cui “ebreo”, “handicappato”, “nero”, “omosessuale” e “privo di figura paterna” (in alcuni resoconti anche “rompiballe”), circostanza che porta la scuola a sospenderlo per due giorni. L’amministrazione, però, secondo i giudici, ha amplificato il contenuto della denuncia senza verificarne a fondo la correttezza.
La sezione lavoro del Tribunale di Grosseto ha fatto emergere un quadro più complesso: le parole incriminate erano state pronunciate in contesti didattici, con finalità esplicitamente educative, per dimostrare l’irrilevanza di ogni etichetta rispetto all’uguaglianza tra gli studenti. Lo stesso alunno che aveva promosso la segnalazione ha poi fatto retromarcia, mentre i colleghi del docente hanno confermato la sua correttezza e il rispetto verso la classe. Secondo il tribunale, il docente manteneva un approccio lineare ed esigente, diversamente da altri colleghi più indulgenti su ritardi e inadempienze. Questa differenza sarebbe stata travisata dagli studenti, che hanno finito per coalizzare le proprie rimostranze in una segnalazione apparentemente grave.
Elemento decisivo: la cornice. Il giudice ha ritenuto che i termini contestati fossero stati utilizzati per discutere stereotipi e discriminazioni, non per offenderle. È emerso, inoltre, che lo stesso professore si era attivato in difesa di un alunno vittima di bullismo, insultato dai compagni con parole come “nero” usate in modo denigratorio. Un comportamento, questo, ritenuto coerente con la sua postura educativa. La sentenza ha annullato la sospensione di due giorni e ha condannato l’amministrazione scolastica al pagamento delle spese legali, pari a circa 5 mila euro (4.629 euro). Per il tribunale, la scuola non ha ricostruito i fatti in modo completo, traendone conclusioni infondate.
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