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veneto
03.09.2025 - 05:23
"Non sarà un luogo di culto": la sindaca di Occhiobello Sondra Coizzi smentisce categoricamente questa eventualità
A Padova la preghiera è diventata uno spartiacque politico e amministrativo. In via Turazza 17, quartiere Stanga, la “moschea” è risultata priva delle pratiche necessarie: dopo gli esposti della Lega, polizia locale e tecnici comunali hanno accertato l’abuso edilizio e avviato un procedimento amministrativo. La giunta del sindaco Sergio Giordani, però, sceglie la via del dialogo: regolarizzare, non nascondere, e provare a sciogliere il nodo che arriva dalla normativa regionale considerata penalizzante. Sullo sfondo, una comunità che lì prega dal 2012 e un quartiere che chiede regole chiare e convivenza possibile.
La scintilla scocca dagli esposti presentati dalla Lega. Prima l’ex vicesindaca e oggi capogruppo del Carroccio, Eleonora Mosco; poi l’europarlamentare Anna Maria Cisint, che ha formalmente diffidato il sindaco Giordani a intervenire alla Stanga. L’accesso degli agenti della polizia locale e dei tecnici comunali in via Turazza 17 ha confermato l’irregolarità urbanistica dei locali e fatto scattare le procedure. È l’epilogo, per ora, di una vicenda che in realtà dura da anni: in quell’immobile si prega dal 2012.
Per l’assessore all’edilizia privata, Antonio Bressa, il cuore del problema sta nella cosiddetta “legge anti-moschee”. "La cosiddetta “legge anti-moschee” rende di fatto molto complicato poter insediare luoghi di incontro e preghiera nel contesto urbano – spiega – Una norma che è una peculiarità della Regione Veneto e che rischia di relegare alla clandestinità chi vuole esercitare il proprio personale diritto di libertà di culto, imponendo la necessità per chi vuole incontrarsi con finalità religiose di acquisire un’intera area da convertire urbanisticamente a luogo di culto". Un quadro regolatorio che, di riflesso, spinge molte comunità verso soluzioni precarie e opache, lontane dalla trasparenza che l’amministrazione dice di voler perseguire.
La Lega rivendica il risultato degli esposti e insiste sul rispetto delle regole. Cisint ha reso noto di aver diffidato il sindaco: "Ho diffidato il sindaco Giordani, i residenti vivono un dramma quotidiano", ha scandito, dando voce al malessere di una parte del quartiere. Sullo stesso fronte, Mosco mantiene alta l’attenzione politica. È l’asse che fa da contrappunto alla linea di Palazzo Moroni, decisa a non ridurre il tema a un mero fascicolo edilizio ma a incardinarlo dentro un percorso amministrativo chiaro e partecipato.
Come si esce dal vicolo cieco? La giunta Giordani intende "approfittare di questa situazione per regolarizzare i luoghi di preghiera islamica", aprendo un confronto con la numerosa comunità musulmana di Padova. La via indicata è una sola: acquistare un terreno o una struttura e poi ottenere dal Comune il cambio di destinazione urbanistica a “servizi religiosi”, idonea a ospitare culto, attività culturali e sociali. Un percorso codificato, ma oneroso e complesso, che nel Veneto – per effetto della legge regionale evocata da Bressa – alza l’asticella degli adempimenti. Nel frattempo, resta il paradosso segnalato in città: in via Turazza "tutto si può fare, tranne pregare".
Il dato più spiazzante è temporale: dal 2012 quel luogo esiste come punto di preghiera. Dodici anni di presenza che raccontano un bisogno reale e, insieme, la difficoltà a incanalarlo dentro i binari dell’urbanistica. L’alternativa a un percorso di regolarizzazione, osserva l’assessore, è la “clandestinità”, che non giova né alla sicurezza né alla coesione sociale. La sfida, ora, è trovare una soluzione che tenga insieme libertà religiosa, qualità urbana e rispetto delle norme, evitando lo scontro ideologico e riportando la vicenda nel perimetro della trasparenza.
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