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il caso

"Lei non entra": cagnolina lasciata sotto la grandine

E rifugio sotto accusa, scoppia la polemica

Cagnolina lasciata sotto la grandine fuori dal rifugio: il caso della Val di Fumo accende il dibattito in Trentino

Un temporale improvviso, la grandine che batte sul sentiero e una cagnolina di 14 anni lasciata fuori da un rifugio. È il racconto, potente e divisivo, che dalle montagne del Trentino è sceso a valle scatenando reazioni indignate, richiami alla legge e interrogativi su regole, buon senso ed etica della montagna.

Secondo quanto denunciato sui social dai proprietari, l’episodio risale a venerdì 15 agosto. La coppia era in escursione in Trentino con rientro programmato entro le 16 in un rifugio per evitare un temporale previsto intorno alle 18. Alle 14, però, il maltempo li ha sorpresi in anticipo. Negli ultimi dieci minuti di cammino, poco prima dell’arrivo al rifugio si è abbattuta anche una grandinata. Con loro c’era la cagnolina, 14 anni, circa 8 kg: “bagnata, tremolante e infreddolita, con rischio di ipotermia o polmonite per l’età”, scrivono.

Al rifugio hanno chiesto di poter entrare “anche solo per pochi minuti” per asciugarla e scaldarla. La risposta, stando al loro racconto: “Qui i cani non entrano”. Alla richiesta di ripararsi almeno nell’ingresso, la replica sarebbe stata: “Il cane non è mica un putelòt, eh” (non è mica un bambino). Alcuni presenti avrebbero offerto coperte; grazie al calore di un fornelletto a gas per la polenta, la cagnolina si è ripresa. Ma il confronto con i gestori si sarebbe inasprito.

I proprietari riferiscono queste frasi: “Te molo en slavadenti” (ti mollo una sberla) e, soprattutto, “Ti te pol entrar, el can el resta a morir de fora” (tu puoi entrare, il cane resta a morire fuori). Un collaboratore avrebbe tentato di allontanarli posando una mano sulla spalla del proprietario, gesto subito fermato dal gestore. La famiglia sottolinea di conoscere il regolamento del Rifugio che non ammette animali, ma sostiene che “non si trattava di una semplice regola: era una vera e propria situazione di emergenza”. Nel post, viene richiamato l’art. 544-ter del Codice penale, che punisce chi cagiona sofferenze ingiustificate a un animale, a sostegno della tesi che negare ogni riparo in circostanze simili contrasti con legge, buon senso ed etica della montagna.

La vicenda è stata rilanciata da un post di denuncia su Facebook (pubblicato lunedì 1 settembre), che ha contribuito a portare il caso all’attenzione pubblica. La risonanza ha chiamato in causa anche la politica locale. Il deputato trentino della Lega, Andrea de Bertoldi, ha annunciato iniziative formali: “Scriverò una lettera all’assessore provinciale competente e alle autorità di pubblica sicurezza affinché si accertino l’accaduto e le eventuali responsabilità. Presenterò anche un’interrogazione urgente al Ministero competente per capire come il governo intenda operare a livello nazionale per evitare in futuro episodi simili”. E aggiunge: “Gli animali da compagnia ci donano amore incondizionato e meritano – come le leggi prevedono – di essere trattati con responsabilità e dignità”.


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