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veneto
04.09.2025 - 17:00
Un rientro in sordina dopo mesi di fuga, un portone che si apre nella notte e i carabinieri che lo attendono. Finisce così la latitanza in Spagna di Noris Valentin Gabriel Ariciuc, 19 anni, indicato dagli inquirenti come il terzo componente della banda accusata di avere rapinato e pestato omosessuali nella zona industriale di Padova nell’estate 2024. Un tassello decisivo in un’inchiesta che ha già portato alle ammissioni dei presunti capi e a un patteggiamento in arrivo.
Sabato scorso i carabinieri hanno arrestato Ariciuc nella sua abitazione di Vigonovo (Veneziano), dove il giovane aveva fatto ritorno dopo un lungo periodo di latitanza in Spagna. I militari lo stavano aspettando. Sul 19enne, di origini romene, pendeva una articolata ordinanza di custodia cautelare: secondo l’accusa deve rispondere di rapina aggravata, lesioni, danneggiamenti aggravati, estorsione, sequestro di persona, minacce, violenza privata, porto illegale di armi e indebito utilizzo delle carte di pagamento delle vittime. Assistito dall’avvocata Laura Salmaso, Ariciuc ha sostenuto l’interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari Claudio Marassi, scegliendo di avvalersi della facoltà di non rispondere. È stato quindi trasferito alla casa circondariale di strada Due Palazzi, a Padova.
La svolta investigativa era arrivata a dicembre, con l’arresto di Tahar El Meliani, 23 anni, cittadino marocchino residente a Fossò, e di Mohammed Fathali, 23 anni, di Vigonovo. I due sono ritenuti i vertici del gruppo, che secondo la Procura comprende anche sei minorenni padovani e veneziani tra i 15 e i 17 anni. Davanti al pubblico ministero Roberto D’Angelo, i due 23enni avrebbero ammesso le dieci “spedizioni punitive” ricostruite dagli investigatori, tutte concentrate nella zona di via Polonia, cuore dell’area industriale di Padova, dove le vittime venivano adescate durante incontri privati. Le ammissioni hanno aperto la strada a un accordo di patteggiamento: per entrambi è stata concordata una pena di cinque anni, con attenuanti generiche. La decisione finale spetta al giudice nella già fissata udienza del 18 settembre.
Dagli atti emergono scene di violenza organizzata: agguati, pestaggi e rapine ai danni di uomini omosessuali, con azioni descritte in precedenti ricostruzioni come “spedizioni punitive in stile Arancia meccanica”. Oltre alle aggressioni fisiche, l’impianto accusatorio elenca minacce, estorsioni e l’uso di armi o strumenti offensivi, compresi bastoni, pistole e taser. Un quadro grave che, se confermato in giudizio, parla di un disegno criminoso pianificato e reiterato in un arco di settimane.
Il bersaglio individuato dal gruppo, secondo gli inquirenti, erano uomini omosessuali colti in momenti di vulnerabilità. La scelta delle vittime e la violenza dei blitz aggravano il profilo di pericolosità sociale del fenomeno: non solo rapine, ma reati che colpiscono la dignità personale e alimentano paura. È un terreno che impone attenzione e responsabilità istituzionale: indagini rapide, tutela delle persone offese e incoraggiamento alla denuncia, soprattutto quando la vergogna o il timore di esporre la propria vita privata possono frenare le vittime.
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