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LA TRUFFA

Occhio al messaggio su WhatsApp, ha valore giuridico

Via agli accordi extra-procedurali tra coniugi validi anche via chat, se non danneggiano i figli

Quel messaggio su WhatsApp che vale come patto: la svolta del tribunale di Catanzaro

Un messaggio su WhatsApp può cambiare l’esito di una causa familiare. A dirlo è una sentenza del tribunale civile di Catanzaro, destinata a far discutere avvocati e coppie: gli accordi presi tra coniugi al di fuori delle procedure ufficiali di separazione o divorzio possono essere considerati validi anche senza omologa del giudice, purché non ledano i diritti dei figli. E la chat – uno screenshot compreso – può valere come principio di prova scritta.


Secondo quanto emerso, i giudici catanzaresi hanno riconosciuto valore a un accordo extra-procedurale intervenuto tra marito e moglie via WhatsApp, ritenendo che gli accordi a latere, se chiari e non pregiudizievoli per i minori, possono essere fatti valere; uno scambio di messaggi integra un “principio di prova scritta” sufficiente ad ammettere ulteriori riscontri, la particolare tensione tra le parti configura una “impossibilità morale” a formalizzare su carta l’intesa, aprendo così all’eccezione che consente la prova testimoniale in materia contrattuale. Nel caso specifico, il tribunale ha ammesso persino la testimonianza del figlio per confermare i contenuti dell’accordo sul mutuo.


La vicenda, raccontata dal Messaggero, riguarda un ex marito che si era impegnato via chat a farsi carico integralmente del mutuo della casa familiare, mentre la moglie avrebbe rinunciato all’assegno di mantenimento. Successivamente l’uomo ha cambiato idea, ottenendo un decreto ingiuntivo da 21 mila euro per costringere l’ex a rimborsare il 50% delle rate. Il giudice ha però revocato quel decreto, valorizzando la conversazione WhatsApp come prova dell’accordo e applicando l’eccezione alla regola che in materia contrattuale non ammette la prova per testimoni, alla luce del principio di prova scritta e dell’impossibilità morale di formalizzare l’intesa. Non è un caso isolato. Lo scorso 26 aprile, in un procedimento a Padova, uno scambio di email tra coniugi è stato ritenuto “credibile e plausibilmente attendibile”, dunque idoneo a dimostrare un’intesa economica. 

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