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IL FESTIVAL

Pazzi o malati? Excursus in musica

La serata è stata accompagnata dagli intermezzi orchestrati da Luigi Puxeddu con i suoi allievi

Pazzi o malati? Excursus in musica

Ci fu un tempo in cui la principessa “Sissi” portava nella pochette una siringa da cocaina per combattere la depressione, di mercurio usato alla stregua delle aspirine, canfora e insulina come toccasana, condite da una manciata di compresse psicotiche sui comodini di Elvis Presley e Marylin Monroe.

Un bel miscuglio o detox psicoanalitico, storie di pazzi da pazzi narrate dalla conduzione brillante di Giovanni Boniolo, ieri sera (4/9) all’auditorium Tamburini, nell’ambito del Festival Rovigo Cello city. Già apprezzato studioso noto alla platea rodigina, nonché filosofo della scienza, l’ex presidente dell’Accademia dei Concordi ha introdotto in un viaggio mirabolante nell’evoluzione della psichiatria e della psicoanalisi, armoniosamente accompagnato da alcuni brani per pianoforte e violoncello.

Pazzia o malattia? Questo è il dilemma, per dirlo come “il Bardo”, forse citazione azzeccata visto che il primo ospedale psichiatrico nacque proprio in terra inglese, a Londra. Il Bedlam, ufficialmente Bethlem Royal Hospital, fece scuola su questo, seppur secondo dei parametri raccapriccianti e disumani, in linea comunque con quella che, fino a quel momento, era la diagnosi della pazzia. Sei disturbato? Colpa divina. Cura? Una buona dose di salmi e litanie a macchinetta, oliate da un braccio reggi-acquasantiera. Passa il tempo e si evolvono i metodi, anche se il confine, o meglio, la separazione tra follia, malattia e disturbo, rimane flebile, nonostante colpi di elettroshock, arcigni ferri infilati tra i lobi del cervello, e sezioni disgustose di qualche cranio, sia mai che dentro ci si trovasse qualcosa. Con l’avvento dei primi studi, la separazione diventa ancora più netta: se eri ricco (e disturbato) il lettino dello psicanalista - e le sue parcelle - erano già pronte, se eri povero (e malato), beh, il manicomio era assicurato. E se ormai andava di moda tra le donne benestanti ottocentesche farsi curare dalla preoccupantissima isteria “così diffusa forse perché tutte avevano un utero”, ha fatto sorridere Boniolo, anche la musica non venne meno influenzata dal crescente diffondersi delle teorie psicanalitiche, anche grazie all’ego smisurato di Freud. Ecco quindi gli intermezzi orchestrati da Luigi Puxeddu, co-ideatore della serata e direttore artistico del festival, con i suoi allievi, Luca Dondi, Kiara Kilianska e Luca Talassi, insieme ai pianisti Francesca Antonucci e Roberto De Nittis. Hanno incantato le note del compositore tedesco Robert Schumann, anch’egli illustre ricoverato in manicomio per una presunta neurosifilide combattuta a colpi di mercurio.

Pasticche al gusto mercurio anche per le cure depressive di Abraham Lincoln che le chiamava “le mie pillole blu”. E se la depressione attanaglia, ne sapeva qualcosa anche Tchaikovsky, musicato al violoncello e pianoforte in uno dei suoi Notturni. Melodia malinconica che riproduceva lo stato d’animo del genio russo, incapace di venire a patti con la propria omosessualità. E ancora, tra un siparietto e l’altro di Boniolo, le note di Schubert, Stravinskij, Bernstein e Brahms. Musiche meno chimiche per antidoti alla pazzia, pillole dolci che forse curano di più di un aperitivo al Prozac.

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