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IL REPORT

LinkedIn: basta tono istituzionale, è l’ora dei video veri

Un report indica che i video autentici generano fiducia e brand awareness, ma solo il 19% dei contenuti lo è

LinkedIn al B2B: basta tono istituzionale, è l’ora dei video veri

Nel B2B non basta più essere “seri e professionali”. A dircelo è LinkedIn, che nel suo nuovo report lancia un messaggio netto: per farsi scegliere serve cambiare tono, mettere in primo piano la voce e il volto delle persone e puntare sul video. Non quello patinato da spot TV, ma quello agile, diretto, spontaneo: il formato che costruisce fiducia più velocemente e rende i brand più memorabili.

Secondo LinkedIn, chi comunica con contenuti video sviluppa un rapporto di prossimità ed empatia che la comunicazione testuale fatica a eguagliare. Una voce, un volto, una storia raccontata in prima persona accorciano le distanze, aumentano la credibilità e accelerano la costruzione di fiducia. È un ribaltamento culturale per il B2B, storicamente ancorato a registri istituzionali, numeri e comunicati.

Il cambio di rotta porta il B2B vicino al linguaggio del B2C: meno formalismi, più umanità. Le aziende che sanno raccontarsi risultano più riconoscibili, più simpatiche, più umane. E in un mercato in cui i clienti B2B si comportano sempre più come consumatori, questa differenza pesa anche sulle scelte di acquisto.


LinkedIn indica con chiarezza i contenuti che performano: - una voce chiara, rilevante e personale; - meno “noi”, più “tu”; - meno comunicati stampa, più storytelling; - meno dati grezzi, più insight; - più volti e più “dietro le quinte”. Non servono produzioni faraoniche: contano video brevi, spontanei, accessibili, in cui i professionisti raccontano cosa fanno, come lo fanno e perché lo fanno.

C’è un paradosso nel report: appena il 19% dei contenuti B2B pubblicati oggi è video, eppure proprio i video registrano performance nettamente superiori. Il potenziale è enorme: chi saprà colmare questo gap si ritaglierà un vantaggio competitivo in termini di attenzione, fiducia del marchio.

Se la relazione si costruisce più in fretta, la brand awareness diventa più salda e il ricordo del brand più vivido. Quando arriva il momento della valutazione d’acquisto, quel capitale relazionale torna utile. È qui che la comunicazione che mette al centro le persone smette di essere un vezzo di immagine e diventa un acceleratore concreto del percorso decisionale.


Il report è chiaro: non c’è bisogno di trasformare i profili aziendali in palcoscenici da celebrità. Bastano alcuni passi concreti: - smettere di parlare “da azienda” e adottare una voce umana; - preferire formati agili e autentici alle produzioni patinate; - mostrare il backstage: processi, team, scelte, valori in azione; - raccontare storie con una prospettiva personale e un “perché” forte. È una questione di coerenza e ritmo più che di budget.

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