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Ucciso a 45 anni dalla Sla

Aveva iniziato un "diario del bello” per sfidare la malattia

Simone Gazzola, l’ultimo saluto all’imprenditore 45enne: il diario del “bello” per sfidare la Sla

Un quaderno di appunti per non smarrire la rotta, anche quando la malattia toglie fiato e forze: ogni giorno una nota positiva, un dettaglio buono da tenere stretto. È così che Simone Gazzola, impresario edile di 45 anni, ha scelto di attraversare la Sla. La comunità di Sant’Andrea Oltre Muson, nel Comune di Castelfranco Veneto (Treviso) lo piange dopo la sua morte, avvenuta mercoledì mattina al pronto soccorso di Castelfranco Veneto in seguito a un improvviso calo della saturazione. La sua storia, però, continua nelle pagine di quel diario e nel ricordo di chi lo ha conosciuto.

La moglie, Elisa, racconta che in pochi istanti il quadro clinico è peggiorato e che, nonostante i prolungati tentativi di rianimazione, per Simone non c’è stato nulla da fare. La diagnosi di Sla era arrivata nel 2022, al termine di un percorso iniziato l’anno prima con i primi segnali: un piede equino, quindi i problemi alla gamba e un intervento alla schiena all’ospedale di Treviso. Da lì, esami su esami fino al responso più temuto.

Gazzola era un volto noto a Sant’Andrea Oltre Muson, dove gestiva con i cugini la Edil 4. Diplomato geometra, aveva abbracciato la tradizione di famiglia, sulle orme del padre scomparso per una leucemia quindici anni fa. Prima ancora aveva studiato dai Salesiani. Fuori dal lavoro, due passioni lo accompagnavano sempre: Venezia e la montagna. Ai figli, Emanuele e Francesco, ripeteva spesso l’invito a “vivere ogni momento che la vita offre”.

Chi lo ha affiancato in questi anni parla di un uomo capace di circondarsi di amici, di trasformare le serate in occasioni di allegria. Anche quando la malattia incupiva l’orizzonte, Simone cercava un appiglio nella routine del suo taccuino: ogni giorno fissava un aspetto positivo, anche il più piccolo progresso. È una scelta che racconta molto del suo carattere: non negare il dolore, ma cercare la luce possibile.

Elisa sottolinea la gratitudine per la rete che non li ha mai lasciati soli: amici, parenti e le strutture che hanno seguito Simone nel percorso di cura e riabilitazione. In particolare il Centro Nemo di Pergine (Trento), il Centro di Neurologia dell’Università di Padova e il centro Aism di Rosà, realtà che la famiglia desidera ringraziare per professionalità e disponibilità.


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