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Muore a 14 anni: i genitori a processo

La procura contesta la rinuncia alle cure oncologiche

"Riorganizziamo i tribunali ordinari del Veneto"

Un ragazzo di 14 anni non c’è più. Si chiamava Francesco, viveva nel Vicentino e combatteva contro un osteosarcoma. La sua morte, avvenuta il 14 gennaio 2024 all’ospedale San Bortolo di Vicenza, è ora al centro di un processo che interroga responsabilità genitoriali, confini delle libertà di cura e pericolosità delle teorie antiscientifiche. Dal 21 ottobre, davanti alla Corte d’Assise di Vicenza, due genitori saranno chiamati a rispondere di omicidio volontario aggravato: l’accusa sostiene che, abbracciando il cosiddetto “metodo Hamer”, avrebbero rifiutato la chemioterapia, accettando il rischio del decesso del figlio (il “dolo eventuale”).

Secondo l’impianto accusatorio condiviso dal pm Paolo Fietta e dal procuratore capo di Vicenza Lino Giorgio Bruno, i genitori, spinti da convinzioni antiscientifiche, avrebbero negato al figlio le cure oncologiche indicate. L’udienza di apertura è fissata per il 21 ottobre davanti alla Corte d’Assise di Vicenza, con una lunga lista di testimoni chiamati a ricostruire scelte, consulti e omissioni contestate. Vale il principio di presunzione d’innocenza: le accuse dovranno essere provate in aula.

L’indagine nasce da una lettera anonima ai servizi sociali, passa per il Tribunale per i Minorenni e arriva in Procura. Dalla documentazione emerge che la famiglia, nella primavera 2023, scopre un tumore osseo a una gamba di Francesco dopo una prima valutazione all’Istituto Rizzoli di Bologna; i genitori decidono di non proseguire con la biopsia. Nei mesi successivi, Francesco peggiora fino al ricovero in emergenza: il 14 gennaio 2024 muore al San Bortolo di Vicenza.

Al centro del processo c’è il presunto rifiuto della chemioterapia in favore di pratiche non validate. La procura richiama le teorie del medico tedesco Ryke Geerd Hamer, che attribuiva ai tumori un’origine psicosomatica e proponeva percorsi privi di evidenza scientifica. Stando agli atti, un medico avrebbe suggerito ai genitori impacchi di argilla e Brufen in luogo delle terapie oncologiche. La qualificazione giuridica contestata è severa: per l’accusa, adottando simili scelte i genitori avrebbero accettato il rischio letale per il figlio (dolo eventuale).


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