VOCE
LA SCOPERTA
13.09.2025 - 17:40
Dopo un restauro atteso da anni, l’unico lacerto superstite del ciclo giottesco realizzato per la basilica di San Pietro è esposto a Firenze, al museo dell’Opificio delle Pietre Dure, fino al 1° novembre. Un rientro in pubblico di portata eccezionale sul piano artistico, storico e antiquario.
L’opera, nota come “Frammento Vaticano”, riemerse all’attenzione del grande pubblico nel 2015, in occasione della mostra “Giotto, l’Italia” a Milano. Già allora gli studiosi auspicavano un intervento conservativo: a dieci anni di distanza, il restauro è stato portato a termine dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, con l’esecuzione di Alberto Felici e la direzione storico-artistica di Cecilia Frosinini. Il risultato ha restituito una leggibilità significativamente superiore rispetto al passato.
Di piccole dimensioni (41×46 cm), il frammento raffigura due santi o apostoli a mezzo busto, non identificabili per la mancanza di attributi. In origine faceva parte della decorazione muraria di San Pietro, di cui oggi non resta traccia dopo i grandi lavori tra fine Cinquecento e inizio Seicento. Proprio in quegli anni il dipinto fu staccato e donato a Pietro Strozzi, segretario di papa Paolo V e canonico di San Pietro; passò poi al fiorentino Matteo Caccini, che lo espose “alla venerazione dei fedeli”. A documentare queste tappe c’è una scritta sul retro, sotto lo stemma dei Caccini con due leoni rampanti in rosso. L’opera è conservata in collezione privata da secoli.
Resta irrisolto il nodo della collocazione originaria. La presenza dei due santi suggerisce che appartenessero a una più ampia teoria di figure, forse lungo l’abside o la tribuna, secondo quanto lasciano intendere fonti e descrizioni antiche. Tutto concorre a delineare un cantiere giottesco in San Pietro di importanza e dimensioni straordinarie.
Databile tra il 1315 e il 1320, questo lacerto è più che un dipinto: una reliquia di un capolavoro perduto. Il restauro ha rimosso vecchie vernici e ridipinture, riportando in luce una cromia brillante: spiccano l’azzurro vivido della veste del santo a destra e lo splendore delle aureole dorate. Anche le fisionomie hanno recuperato intensità: una figura di profilo, l’altra di fronte, con quel realismo schietto che rimanda al linguaggio più maturo di Giotto e invita a immaginare i volti degli altri compagni scomparsi del corteo di apostoli e santi. Un piccolo frammento che riapre, oggi, una grande storia.
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