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E' legge: via libera all'abbattimento dei lupi

Il Senato vara il decreto montagna

Lupi: "Le predazioni si combattono soprattutto con la prevenzione"

Un provvedimento atteso, una frattura che si riapre. Con il via libera definitivo in Senato al decreto montagna, il tema dei grandi carnivori torna al centro del dibattito nazionale: l’articolo 13 recepisce le modifiche alla Convenzione di Berna e alla direttiva Habitat, introducendo la possibilità di prelievi controllati del lupo. Tra chi invoca equilibrio tra attività umane e fauna e chi teme una scorciatoia inefficace, la discussione si accende da Roma alle Alpi, con la Lessinia di nuovo osservata speciale.

Il decreto, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, disegna una cornice più ampia per le aree montane: circa 200 milioni di euro l’anno nel triennio 2025-2027 per sanità e istruzione, agricoltura, infrastrutture digitali e turismo, contrastando spopolamento e isolamento. Sul capitolo fauna, le novità più discusse: cancellazione del divieto di caccia entro 1.000 metri dai valichi montani, introduzione dello spray anti-orso e definizione di un tetto annuale e territoriale ai prelievi di lupi, “tale da non pregiudicare il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente”.

Il declassamento dello stato di protezione del lupo, recepito dall’articolo 13, apre alla possibilità di fissare, anno per anno e territorio per territorio, un numero massimo di esemplari prelevabili. La logica dichiarata è quella dell’equilibrio: gestione attiva della specie senza mettere a rischio la sua conservazione.


Per Cristiano Corazzari, assessore regionale con delega alla Caccia, il decreto “procede nella direzione corretta”. "Come Regione stiamo facendo grandi sforzi per garantire la continuità delle attività tradizionali: dalle malghe al pascolo, dall’agricoltura all’allevamento", spiega. Il nodo, insiste, è la convivenza: "Il lupo è in forte espansione, la scienza lo dimostra. Il Veneto spende ogni anno centinaia di migliaia di euro per indennizzi e per sostenere allevatori e agricoltori. Misure a carico della collettività non sempre efficaci». Gli strumenti previsti sono «utili sebbene non ancora sufficienti per intervenire».

Il dibattito si intreccia con un passaggio giudiziario: il Consiglio di Stato ha dato ragione alla Provincia di Trento per l’abbattimento di due lupi in Lessinia trentina, con parere favorevole di Ispra. Il biologo Renato Semenzato, già consulente della Regione Veneto sul canis lupus, invita però alla prudenza sulle attese: "Illusorio pensare che si riducano le predazioni".

A sostegno del suo scetticismo, Semenzato cita la Francia, che dal 2019 pratica abbattimenti in deroga alla direttiva Habitat: 204 lupi nel 2023 e 251 nel 2024, pari al 21% della popolazione. Eppure, osserva, «le predazioni non sono calate in modo significativo». Un dato che alimenta l’interrogativo di fondo: l’intervento letale è davvero lo strumento risolutivo?

Sul fronte politico, la linea dura è esplicita. L’europarlamentare Flavio Tosi "mira diretto all’eradicazione della specie": "La cattura del lupo è troppo complessa, l’unico modo per contenerlo perciò è abbatterlo". E chiede alle Regioni censimenti rapidi e piani “significativi”, non “qualche esemplare”, ma percentuali tra il 10 e il 20% come in Francia, "anche per dissuadere lo stesso animale". Diametralmente opposta la posizione del mondo ambientalista. Per Francesco Romito, dell’associazione Io non ho paura del lupo, gli abbattimenti "non possono e non devono essere intesi come l’unico strumento di gestione". Sono «una misura estrema», da affiancare a "azioni di coesistenza e conservazione", con priorità agli strumenti di prevenzione. Lessinia docet: "Da oltre un decennio si discute senza arrivare a una reale protezione dei pascoli, abbandonando gli allevatori e illudendoli prima che il lupo sarebbe sparito così com’è arrivato, e ora che il declassamento della specie sia la soluzione. Cosa che di fatto non è".

La partita si sposta ora sui decreti attuativi e sulla definizione delle quote, territorio per territorio, con il necessario supporto tecnico-scientifico. Tra pareri di Ispra, richieste delle Regioni e aspettative di allevatori e comunità locali, il banco di prova sarà la capacità di tradurre la norma in una gestione concreta, misurabile e trasparente, capace di reggere alla prova dei fatti: proteggere pascoli e attività umane senza compromettere lo stato di conservazione del lupo.

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