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CULTURA

“Francesco? Umano, non santino”

Marco Politi ospite della rassegna “Dalla parte delle parole”, organizzata da don Giuliano Zattarin

“Francesco? Umano, non santino”

Scenari vaticani ma anche geopolitici e mondiali: dalla cupola di San Pietro (dove da in altro si vede meglio sopra le questioni del palazzo Apostolico) al campanile della parrocchia di San Bortolo a Rovigo, serata gremita quella di giovedì scorso per il primo appuntamento della rassegna “Dalla parte delle parole”.

Organizzata dal gruppo Cultura e spiritualità, coordinato da don Giuliano Zattarin, l’iniziativa, lungo un percorso tra autori dal calibro nazionale spalmati anche nelle prossime settimane, ha portato al neo rinnovato teatro San Bortolo, Marco Politi e la sua ultima pubblicazione “La rivoluzione incompiuta. La Chiesa dopo Papa Francesco”. Noto esperto della Santa Sede, vaticanista per vent’anni della “Repubblica”, editorialista del “Fatto Quotidiano”, al suo netto ha un bestseller mondiale - “Sua santità” (1997) - collaborazioni con Abc, Cnn, Nbc, Bbc, Rai, Zdf, France 2, The Tablet e un’intervista del 2004 che prefigurò l’elezione al soglio petrino di Ratzinger.

Si è parlato di Chiesa con la “C” maiuscola, di quella comunità ecclesiale che, da anni a questa parte, e specie ora, risente di un contrappasso pesante, sofferente, lacerato. Moderata dal giornalista Mattia Tridello, la presentazione ha portato al centro la “guerra civile” in atto tra conservatori tradizionalisti e riformatori. Riformatori, come lo fu Papa Francesco nei suoi “processi”. Dalle scarpe nere, a Santa Marta, dall’impegno comprensivo e impegnato su temi come l’immigrazione e la giustizia sociale, alle grandi prime volte di un pontificato durato 12 anni.

“E’ stato il primo a dare diritto di voto, dopo 1700 anni, alle donne in un sinodo” ha ricordato Politi, seguendo: “Ha ridato cittadinanza nella Chiesa agli omosessuali, ai divorziati, ai separati, agli esclusi”. Con saggi alla mano e una vera e propria inchiesta che dà voce alle testimonianze dirette di chi ha vissuto con Bergoglio, agli atti che ne segnarono il governo papale, Politi ha ricostruito nel libro l’evoluzione di una figura carismatica, empatica, diversa e unica, in un certo senso, che non impone confronti ma senz’altro genera domande e apre strade che dovranno essere percorse, in qualche modo.

Indietro non si torna. “Fu, come anche per tutti gli altri papi, una figura umana, non un santino come spesso siamo abituati a relegare la personalità dei pontefici: forti furono le contrapposizioni dalla parte conservatrice, acuite anche da una presenza ‘doppia’ entro le mura vaticane, quella di Benedetto XVI”.

Per molti anni indiscusso esempio di riservatezza e servizio, negli ultimi, appiglio al quale gli ultra conservatori si attaccarono per aumentare le discordie nella curia romana. Un Papa, insomma, delle prime volte che ha avviato riforme, che ha fatto governatrice dello stato monarchico vaticano una donna, che ha regalato gesti e frasi, ha precisato l’autore: “Non banali discorsi a braccio ma interventi ben pensati e decisi”.

E forse qualche risultato c’è stato proprio lo scorso fine settimana quando, il 6 settembre, ben 1500 giovani della comunità Lgbtq+ hanno attraversato per la prima volta uniti la Porta Santa di san Pietro, con tutte le loro insegne, e il giorno dopo con la canonizzazione di due nuovi santi, Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis, giovani e laici. Laicità sì, ma più ancora sinodalità, un tema caro a quel Papa “venuto dalla fine del mondo” che ha iniziato a scrollare dalla Chiesa, come sperava il cardinal Martini, “la polvere che sta lì da 200 anni”.

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