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Insulti alle infermiere, l’Usl difende il primario

"Errore da stress" e via al corso anti‑rabbia

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Può lo stress giustificare un insulto sul luogo di lavoro, soprattutto quando quel lavoro è la cura delle persone? A Treviso la domanda non è teorica: riguarda un primario finito nella bufera per frasi offensive rivolte alle infermiere, alcune con riferimenti alla sfera sessuale. L’azienda sanitaria ha scelto la via del “si è trattato di un errore” e prova a voltare pagina con formazione mirata e un richiamo alla coesione del team.

A Treviso, un primario dell’Ulss della Marca è stato accusato di aver insultato le infermiere perché, dal suo punto di vista, non rispondevano adeguatamente alle indicazioni operative. Le espressioni, anche a sfondo sessuale, sono state stigmatizzate durante un incontro tra i vertici dell’Ulss, i lavoratori e le organizzazioni sindacali. La vicenda, definita “subito rientrata”, ha acceso i riflettori sul clima interno ai reparti.

“Si è trattato di un episodio che è subito rientrato. Il primario ha la mia massima fiducia e quella di tutta la direzione per la competenza, la professionalità e la capacità organizzativa che ha sempre dimostrato”, afferma il direttore generale dell’Ulss della Marca, Francesco Benazzi. La linea aziendale riconduce l’accaduto allo stress e al modo inappropriato di richiamare il personale: un errore, dunque, ma inserito in un contesto lavorativo ad alta pressione.

Secondo Benazzi, “il primario ha capito benissimo che dovevano essere usati altri mezzi per richiamare gli operatori ai loro compiti”. Per prevenire nuove frizioni, l’Ulss ha avviato con gli psicologi “una sorta di corso anti‑rabbia”, già sperimentato in altre unità operative, con l’obiettivo dichiarato di superare incomprensioni e rafforzare la coesione dell’équipe.


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