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L’analisi

L’inflazione ci mangia gli stipendi

In 10 anni i salari aumentati del 4,5%, i prezzi del 21%: il potere d’acquisto ha perso il 16,5%

L’inflazione ci mangia gli stipendi

Il salario medio a Rovigo è il più basso fra tutte le province del Veneto, regione che, se si osserva il confronto con l’inflazione su dieci anni, è quella in Italia che presenta in questo arco di tempo la maggior perdita di potere d’acquisto, il -16,5%. Nel decennio, infatti, i salari sono cresciuti del 4,5% mentre l’inflazione è stata pari al 21%. Sostanzialmente, anche se si guadagna qualcosa in più, questo aumento è meno di un quinto rispetto all’aumento di quanto costa, banalmente, fare la spesa. E questo è tutto fuorché rincuorante.

A scattare una nuova foto sugli stipendi degli italiani è il Jp Geography Index, il report annuale dell’Osservatorio JobPricing che analizza e valorizza le differenze retributive tra le varie regioni e province italiane stilando una classifica sulla base dei livelli retributivi medi.

Le province sono suddivise in tre “fasce”: dal primo al 36esimo posto, dal 37esimo al 72esimo posto, dal 73esimo al 107esimo posto). E Rovigo, a pelo, è riuscito a rientrare nel primo scaglione perché, nonostante la maglia nera a livello regionale, si attesta comunque al 35esimo posto della classifica nazionale, fra Ancona e Ravenna, con un incremento di quattro posizioni rispetto alle 39esima piazza dell’anno prima.

Da questo studio, si evince che, a fronte di una retribuzione globale annua media italiana che nel 2024 è stata di i 32.402 euro lordi, con un aumento del 9,5% rispetto al 2015 ma con un contestuale aumento medio nazionale dell’inflazione del 20,8%, a Rovigo il salario medio lordo è stato pari a 31.747 euro. Quindi, 655 euro in meno rispetto alla media nazionale. Forbice che si riduce a 597 euro se si considera il dato medio regionale, pari a 32.344 euro.

In testa nella classifica veneta delle retribuzioni c’è Padova con 32.671 euro, dove tuttavia a fronte di un incremento dal 2015 del 14,7% si è verificata una crescita dell’inflazione pari a 22,6%, quindi con una perdita complessiva del potere d’acquisto del -7,9%. Al secondo posto c’è poi Verona con 32.568 euro, terza Belluno con 32.384 euro. Ai piedi del podio Venezia con 32.182 euro, poi Treviso con 31.999 euro e Vicenza con 31.990 euro. In cima alla classifica nazionale di tutte le province, Milano continua a primeggiare con un reddito medio di 38.544 euro, seguita da Bolzano, Trieste, Roma e Genova. In fondo alla classifica le provincie con retribuzione più bassa sono Ragusa, Crotone e Cosenza.

“Quando si parla di crescita dei salari – si rimarca nello studio - è necessario distinguere salari nominali e salari reali: confrontare l’andamento dei salari con quello dell’inflazione permette di quantificare l’eventuale aumento o perdita di potere d’acquisto dei lavoratori e delle lavoratrici in Italia. I dati dell’ultimo decennio sono chiari: il potere d’acquisto negli ultimi dieci anni è calato sensibilmente, e quindi i salari reali si sono notevolmente ridotti. Tra il 2015 e il 2024, infatti, l’inflazione è cresciuta del 20,8%, mentre i salari sono cresciuti del 9,5%. Se si osserva l’ultimo anno, si nota una inversione di tendenza e un piccolo recupero: l’inflazione è stata pari all’1,0%, mentre la retribuzione globale annua lorda è cresciuta del 3,1%. Di fatto, il 2024 è il l’unico anno di tutto il decennio in cui è stato rilevato un aumento delle retribuzioni superiore rispetto a quello dei prezzi al consumo”.

E un segnale di speranza arriva anche dall’analisi del Centro Studi Sociali ed Economici del Veneto sulle circa 60mila dichiarazioni dei redditi effettuate agli sportelli del Caf Uil Veneto nel 2025: sale il reddito medio dei veneti, sale la tassazione, ma nel 2024 il saldo è positivo. E, guardando a Rovigo, il reddito dichiarato medio dei residenti che hanno fatto la dichiarazione con la Uil, è sì quello più basso del Veneto, ma anche quello che, dopo Padova, è cresciuto di più fra 2023 e 2024, da 22.242 a 23.420, quindi di ben 1.178 euro, pari al +5,3%. E cresce, ma del 3,24, anche l’Irpef media, da 5.396 a 5.571 euro, quindi di 175 euro.

“C’è una differenza sostanziale rispetto all’analisi di un anno fa - spiega il segretario generale di Uil Veneto Roberto Toigo - Tra il 2022 e il 2023 il reddito medio era aumentato del 4,43%, ma inflazione e tassazione ne avevano annullato i benefici, con i veneti paradossalmente più poveri. Quest’anno, l’intervento del governo sul cuneo fiscale e la riforma degli scaglioni Irpef hanno dato i loro frutti. Erano misure che la Uil chiedeva da tempo, c’era stato pure uno sciopero generale con il governo Draghi. Abbiamo sostenuto questa richiesta anche con il governo Meloni, riconoscendo la bontà dell’intervento. È vero che si tratta di una misura prevista per soli cinque anni, ma ci auguriamo che possa diventare strutturale”.

Tornando ai numeri, l’aumento medio dei redditi delle persone che si sono recate ai Caf della Uil Veneto è del 4,90%, con le punta massima a Padova (+5,36%) e quella minima a Verona (+3,46%). La crescita dell’Irpef lorda è stata, in media, del 2,01% (con una punta massima del +3,53% a Venezia e un dato addirittura negativo a Vicenza, -3,29%. Il conto è presto fatto: con un aumento medio del reddito di quasi il 5% e una tassazione che aumenta “solo” del 2%, nelle tasche dei contribuenti resta un 3% in più, assumendo che detrazioni e deduzioni fiscali rimangano pressoché invariate.

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