VOCE
CASSAZIONE
19.09.2025 - 08:40
Con l’ordinanza n. 25495, depositata il 17 settembre, la Suprema Corte ha stabilito che, quando un’unione civile si interrompe, il partner economicamente più fragile può ottenere un assegno periodico. La decisione arriva accogliendo il ricorso di una donna che, conclusa una relazione omoaffettiva formalizzata con unione civile, aveva domandato un sostegno economico all’ex compagna. La Prima Sezione Civile chiarisce così che, in caso di scioglimento dell’unione civile, è possibile riconoscere un contributo analogo a quello previsto in sede di divorzio.
Secondo la Corte, valgono i parametri dell’articolo 5, comma 6, della legge sul divorzio del 1970. Occorre accertare: l’inadeguatezza dei mezzi del richiedente, l’impossibilità di procurarseli nonostante un impegno serio e diligente; l’eventuale divario economico derivante dai sacrifici sostenuti per la vita comune.
L’assegno assolve una duplice funzione: assistenziale, per garantire all’ex partner un tenore di vita dignitoso; compensativa, per riequilibrare la situazione economica quando uno dei due abbia rinunciato a opportunità lavorative o personali in favore della coppia o del patrimonio comune.
Pur molto vicina al matrimonio, l’unione civile presenta differenze: non è prevista la separazione e si passa direttamente allo scioglimento, senza un assegno nella fase intermedia. Per il mantenimento dopo la rottura, però, la Cassazione conferma l’applicazione dei medesimi criteri del divorzio. Resta invece esclusa la convivenza di fatto: le coppie non formalizzate non possono contare su un assegno equiparabile, ma solo su strumenti come i contratti di convivenza, meno ampi rispetto a quelli riconosciuti agli ex coniugi o agli ex partner di unioni civili.
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