VOCE
CRONACA
23.09.2025 - 20:30
In Italia, la libertà di vestirsi a scuola è un privilegio per pochi: secondo una ricerca di Skuola.net, appena 1 studente su 5 può entrare in classe senza vincoli. Il resto deve attenersi a regolamenti più o meno rigidi, che in alcuni casi assomigliano a veri e propri dress code scolastici.
È il caso di un istituto di Taormina (Messina), dove già dall’anno scorso circola un volantino che illustra in dettaglio ciò che è consentito e ciò che non lo è. «Nessuno si è mai lamentato – spiega la preside –. Mi sembra ovvio che a scuola ci si debba vestire in modo decoroso».
Le regole variano da scuola a scuola, ma i divieti più diffusi riguardano:
gonne corte e canottiere;
top sportivi e tacchi a spillo;
jeans strappati e leggings attillati;
unghie finte e accessori troppo vistosi;
barba incolta in alcuni istituti.
Una scuola di Pisa vieta ogni tipo di pantaloncino e top, mentre a Firenze un istituto permette i bermuda al ginocchio, considerate le alte temperature di fine anno scolastico. La mancanza di aria condizionata negli edifici scolastici italiani contribuisce infatti a rendere il tema ancora più sentito.
Non tutte le scuole scelgono i divieti espliciti: circa il 55% degli studenti deve seguire solo raccomandazioni generiche, come “abbigliamento sobrio e ordinato”. Ma laddove le regole sono più stringenti, anche le sanzioni variano:
richiami verbali o note disciplinari;
in casi più gravi, allontanamento temporaneo dalla scuola.
Tra le motivazioni più ricorrenti citate dai dirigenti scolastici ci sono il rispetto dell’ambiente educativo, l’igiene, la sicurezza e il decoro come forma di convivenza civile.
Accanto alle norme sul vestiario, i primi giorni di scuola hanno già visto scattare le prime punizioni anche per l’uso improprio dello smartphone in classe: dalla semplice nota fino a sospensioni di tre giorni.
Il dibattito resta aperto: per molti dirigenti il dress code è garanzia di ordine e rispetto, per altri studenti è invece una limitazione alla libertà personale.
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