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25.09.2025 - 08:14
Filippo Turetta, davanti alla Corte d'Assise di Venezia
Si chiama Cesare Dromì il detenuto che ha colpito Filippo Turetta, il 22enne condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio di Giulia Cecchettin. Cinquantacinque anni, originario di Taurianova (Reggio Calabria), Dromì ha alle spalle reati gravi come omicidio, tentato omicidio e rapina, oltre a contatti passati con la criminalità organizzata calabrese. Dopo l’aggressione, è stato disposto il suo trasferimento dal penitenziario di Montorio (Verona) a quello di Santa Bona, a Treviso.
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Turetta si trova nel carcere veronese dal novembre 2023, dopo l’arresto in Germania. Inizialmente in infermeria, era poi stato collocato nella sezione dei “protetti”, riservata a chi rischia ritorsioni a causa dei reati commessi. Successivamente, aveva chiesto di passare nella sezione “alta sicurezza”, che ospita detenuti condannati per omicidio con pene superiori ai cinque anni. Una scelta fatta per tentare l’accesso a un programma di lavoro, accettando di sollevare il carcere da responsabilità in caso di incidenti con altri detenuti.
L’episodio si è verificato a fine agosto: Dromì ha sferrato un pugno in faccia a Turetta, provocandogli la rottura del labbro. In un primo momento era circolata l’ipotesi di un gesto legato a un presunto “codice d’onore” interno, ma la ricostruzione si è successivamente spostata su un’altra pista. Secondo alcune fonti, Dromì avrebbe sospettato che Turetta lo avesse spiato, circostanza mai confermata. Altri agenti della polizia penitenziaria ritengono invece che l’aggressione fosse una strategia per ottenere un trasferimento a lungo richiesto e fin lì negato.
All’interno del carcere, secondo indiscrezioni, il detenuto calabrese avrebbe inoltre maturato debiti con altri reclusi, e il trasferimento rappresentava per lui un modo per sottrarsi a questa situazione. In questo contesto Turetta si sarebbe trovato, inconsapevolmente, a diventare il bersaglio ideale.
Il nome di Cesare Dromì era già emerso nel 2011, quando venne arrestato a Stanghella dalla Squadra Mobile di Padova dopo un periodo di latitanza. Ricercato per omicidio, tentato omicidio e rapina, doveva scontare 21 anni, 4 mesi e 29 giorni di carcere. Durante la fuga aveva vissuto soprattutto in Romania, tornando saltuariamente in Italia, a Bovolone, nel Veronese, dove abitavano il fratello e la madre. Negli anni precedenti era stato collegato anche alle cosche Sergi e Pesce della ’ndrangheta.
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