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30.09.2025 - 20:01
Nel mondo si buttano 1,05 miliardi di tonnellate di cibo, pari a circa un terzo della produzione globale. In questo scenario l’Italia guida, davanti a Germania, Francia, Spagna e Paesi Bassi, la graduatoria dei paesi europei più spreconi. Il Paese, noto per la sua tradizione culinaria, sta cercando di diventare un esempio nella riduzione degli sprechi alimentari, ma il fenomeno resta significativo.
Ad agosto 2024 lo spreco domestico evitabile era intorno ai 35,5 chilogrammi pro capite l’anno; dodici mesi dopo risulta in calo del 18,7%, attestandosi a circa 30 chilogrammi, equivalenti a 131 euro, secondo i dati diffusi a settembre 2025 dall’Osservatorio Internazionale Waste Watcher (Campagna Spreco Zero, elaborazioni DISTAL-Università di Bologna e Ipsos). Considerando che un italiano medio consuma circa un chilo di cibo al giorno, ciò equivale a buttare in un anno alimenti sufficienti a nutrirsi per un mese.
I prodotti più frequentemente gettati sono frutta fresca, ortaggi, pane, insalate, cipolle, aglio e tuberi. Lo spreco non è omogeneo sul territorio. Il Sud registra un +13% rispetto alla media nazionale; il Nord è al -7% e il Centro al -12%, tendenze che vanno in direzione opposta e aiutano a contenere il fenomeno.
A sorprendere è il maggior spreco (+4% sulla media) delle famiglie del ceto medio-basso, con minore capacità di spesa: budget ridotti spingono spesso verso prodotti di qualità inferiore che si deteriorano più velocemente. In questo modo, lo spreco finisce per rendere ancora più difficile l’accesso a cibo sano e sostenibile.
Incide anche la composizione familiare: i nuclei senza figli sprecano il 14% in più della media, quelli con figli il 17% in meno. Conta inoltre la dimensione del comune: nei centri di media grandezza lo spreco è superiore del 16% alla media nazionale, mentre nei comuni più grandi è inferiore del 9%.
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