VOCE
CRONACA
02.10.2025 - 20:30
Il Senato ha approvato il ddl che riconosce l’obesità come una vera e propria malattia, rendendo l’Italia il primo Paese al mondo a farlo. La legge introduce strumenti per la prevenzione, la cura e la sensibilizzazione sociale, prevedendo anche la formazione di medici e pediatri e l’istituzione di un Osservatorio per lo studio dell’obesità presso il Ministero della salute.
Il testo considera l’obesità come una condizione progressiva e recidivante, ribadendo che non si tratta di un comportamento scorretto ma di una patologia che richiede interventi mirati. L’articolo 2 del ddl sottolinea l’importanza di garantire prestazioni ai soggetti affetti da obesità comprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA) e promuove iniziative come l’allattamento al seno, la diffusione di stili di vita attivi, l’educazione alimentare nelle scuole e la formazione specifica di studenti universitari, medici di base, pediatri e personale sanitario.
Il programma nazionale prevede stanziamenti crescenti: 700.000 euro per il 2025, 800.000 euro per il 2026 e 1,2 milioni annui dal 2027, destinati alle Regioni per progetti di prevenzione e cura. A questi si aggiungono 400.000 euro annui per la formazione e l’aggiornamento degli operatori sanitari coinvolti. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha definito l’approvazione della legge un segno di civiltà, sottolineando l’obesità come fattore di rischio per patologie croniche, metaboliche e oncologiche.
Le opposizioni hanno espresso critiche sulla carenza di risorse e sull’assenza di riconoscimento pieno nei LEA, sottolineando che senza un adeguato finanziamento la legge rischia di restare più formale che operativa. Senatori del PD, del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra hanno evidenziato che in Italia oltre metà degli adulti è in sovrappeso e più di 6 milioni convivono con l’obesità, una condizione che colpisce giovani e anziani e che richiede interventi concreti, educazione alimentare e sostegno economico alle famiglie.
Il ddl rappresenta un primo passo storico, ma secondo molti esperti occorrono misure più coraggiose e risorse significative per garantire percorsi uniformi e diritti esigibili per tutti i pazienti.
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