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palazzo roverella

Il fascino surreale del bianco e nero

L’esposizione “Fotografia tra reale e surreale” fino al 2 febbraio. 120 scatti per sei grandi temi

Il fascino surreale del bianco e nero

Con la nuova mostra di palazzo Roverella dedicata all’iconico fotografo newyorkese Rodney Smith (1947-2016), “Fotografia tra reale e surreale”, da sabato fino al 2 febbraio, Rovigo conferma l’apprezzato filone espositivo fotografico. Un viaggio affascinante iniziato con la retrospettiva su Pietro Donzelli nel 2017, come ha ricordato alla vernice stampa di venerdì Gilberto Muraro, presidente della Fondazione Cariparo, capofila delle principali mostre rodigine a palazzo Roverella (dal 2006) e Roncale (dal 2018), che ogni anno attirano migliaia di visitatori da tutta Italia e anche stranieri.

Ciò che è stato ben evidenziato da Valeria Cittadin, sindaco del Comune di Rovigo, altro partner con l’Accademia dei Concordi, nella persona del presidente Pier Luigi Bagatin, di Chroma photography (Silvana Editoriale) e con il sostegno di Intesa Sanpaolo, rappresentata dal direttore esecutivo per Arte, cultura e beni storici Michele Coppola.

La parola quindi ad Anne Morin, curatrice della mostra “incentrata sui grandi temi di Rodney Smith: la Divina proporzione, la Gravità, gli Spazi eterei, Attraverso lo specchio, Il tempo e la permanenza, Passaggi”; ovvero le sei sezioni del percorso espositivo, per 120 scatti, la maggior parte in bianco e nero per una precisa scelta artistica del fotografo, da lui stesso così spiegata: “Non c’è niente per me come l’oscurità e la sfolgorante intensità del bianco e nero. Sì, c’è molto più colore nel bianco e nero di quanto non ve ne sia nel colore”. L’accostamento di Smith al colore è solo a partire dal 2002, quando gli è stata data una stampante a colori, ma anche in questo caso l’originalità del fotografo newyorkese si caratterizza per delicate scelte monocromatiche e acquarellate, mantenendo costante la sua particolare cifra caratterizzata dalla ricerca di eleganza e armonia attraverso corrispondenze geometriche e simmetriche tra figuranti umani e scorci paesaggistici. Con il risultato di atmosfere in bilico tra il reale, l’onirico e il surreale, nella suggestione del pittore Magritte o del cinema di Chaplin, Lloyd, Keaton, Hitchcock e dell’illusionista Melies - peculiarità se si considera che sono state ottenute con un obiettivo fotografico - costruite con minuziosa cura dei dettagli e del linguaggio corporeo.

Ecco dunque figure umane, dai volti spesso non definiti o evanescenti - quando non è la sua modella preferita Bernadette, immortalata come una dama di quadri fiamminghi -, talora sospese nel vuoto o colte in movimento, che si fondono con elementi naturali e architettonici del paesaggio, studi di luce di scale e scorci campestri, in un infinito gioco di rimandi metaforici tutti da scoprire, spesso rivisitati con il suo caratteristico humor.

“Le sue foto gli permettevano di superare ansie e solitudine alla ricerca di un mondo di ordine e bellezza”, ha commentato la moglie Leslie Smolan, direttore di Estate of Rodney Smith. Nel pomeriggio di ieri la presentazione al pubblico al Salone del grano.

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