VOCE
Occupazione
04.10.2025 - 15:08
Secondo l’Ufficio studi della Cgia, basandosi sull’indagine Bes-Istat condotta nel 2023, le aree geografiche con il più alto livello edi soddisfazione lavorativa sono Aosta, Trento e Bolzano: tutti territori di alta montagna. Il Veneto, invece, a livello nazionale si colloca un po’ al disotto di metà classifica, con una incidenza percentuale degli occupati soddisfatti pari al 52,3%. E’ un dato inferiore a quello di tutte le principali regioni del Nord Italia, probabilmente condizionato da un livello di stress, di tensione, di logorio e di ritmi di lavoro molto intensi che difficilmente non sono riscontrabili nel resto del Paese. In termini assoluti, i veneti felici del proprio posto di lavoro sono 1.142.000 e rispetto al 2019, anno pre-Covid, sono cresciuti del 13,8%.
In questa ricerca, sottolinea la Cgia, è stata stimata la percentuale di lavoratori che ha manifestato un elevato grado di apprezzamento per la propria attività professionale, considerando vari fattori quali le opportunità di carriera, l’orario di lavoro, la stabilità occupazionale, la distanza tra casa e luogo di lavoro e l’interesse per le mansioni svolte. Da questa elaborazione è emerso che in Italia sono 12,2 milioni gli addetti che hanno dichiarato di “amare” il proprio lavoro, pari al 51,7% del totale degli occupati presenti nel Paese.
A livello territoriale la Valle d’Aosta si è posizionata al primo posto nella classifica nazionale con il 61,7% degli occupati (in valore assoluto pari a 70mila persone); sono persone che hanno dichiarato una significativa soddisfazione professionale. Seguono la Provincia Autonoma di Trento con il 61,1% (161mila) e quella di Bolzano con il 60,5 (170mila). Subito dopo si sono collocate l’Umbria con il 58,2 (234mila), il Piemonte con il 57,1 (poco più di un milione) e le Marche con il 55,4 (370mila). Il Veneto, come dicevamo più sopra, si “piazza” al 13° posto con un’incidenza del 52,3%.
Ad esclusione del Piemonte, nelle posizioni di vertice si osservano prevalentemente realtà geografiche di dimensioni contenute, caratterizzate dalla presenza di piccolissime attività produttive, con un impatto ambientale trascurabile. Tali realtà risultano fortemente integrate e in perfetto equilibrio con territori di straordinaria bellezza, ancora preservati e a misura d’uomo. Insomma, le piccole imprese oltre a svolgere un ruolo fondamentale nella conservazione, nella difesa della cultura e delle tradizioni locali, promuovono l’identità delle comunità coinvolte, valorizzando i lavoratori che si sentono i principali protagonisti di questo successo.
Se nella parte alta della classifica dominano le piccole realtà geografiche, la coda, invece, è occupata dalle regioni del Sud. Negli ultimi posti scorgiamo i lavoratori della Calabria con un livello di “felicità” del proprio lavoro del 43,8% (pari a 245mila persone), della Basilicata con il 42,3% (96mila) e, infine, della Campania con il 41,2 (681mila).
L’analisi dell’Ufficio studi della Cgia è proseguita mettendo a confronto l’indicatore appena analizzato con altri nove collegati sempre alla qualità dell’attività lavorativa svolta. Attraverso questa operazione è stato possibile misurare il benessere aziendale. Se la felicità è uno stato d’animo che attiene alla sfera personale, in questo caso dei lavoratori, il benessere del luogo di lavoro è un indice più completo che tiene conto anche del contesto socio-economico di un territorio. Una variabile che è stata ottenuta attraverso la misurazione di quanti lavorano e non lavorano, degli irregolari, del tasso di istruzione correlato alle mansioni svolte, della precarietà, del livello retributivo, degli infortuni mortali, etc. Per ciascuno dei dieci sottoindicatori è stata stilata una graduatoria regionale e a ogni area geografica è stato corrisposto un punteggio che oscilla tra un valore minimo pari a zero e un valore massimo pari a 100. Dopodiché, attraverso la realizzazione di una media semplice, è stata redatta una classifica nazionale in grado di stimare il benessere aziendale presente in tutte le regioni presenti nel Paese.
Analizzando i risultati che emergono dall’incrocio dei 10 sottoindicatori sulla qualità del lavoro, è la Lombardia a guidare la graduatoria nazionale. Seguono al secondo posto la Provincia Autonoma di Bolzano e al terzo il nostro Veneto. Fuori dal podio scorgiamo la Provincia Autonoma di Trento, il Piemonte e il Friuli Venezia Giulia, mentre nelle parti basse della classifica troviamo la Sicilia, la Basilicata e, fanalino di coda, la Calabria.
In relazione al numero di precari - vale a dire alla percentuale di occupati con lavori a termine da almeno 5 anni – le situazioni più critiche registrate nel 2023 hanno interessato la Puglia e la Calabria entrambe con il 25,5%, la Basilicata con il 25,7% e la Sicilia con il 27,9%. La Lombardia, invece, è la regione che con il 10,7% è la meno interessata da questo fenomeno. Il Veneto presenta un risultato molto contenuto con una percentuale del 13,1.
Il tasso di occupazione più elevato è in capo alla Provincia Autonoma di Bolzano che è pari al 79,6%, in Valle d’Aosta al 77,3 e in Emilia Romagna al 75,9. Le situazioni meno virtuose le scorgiamo in Sicilia con il 48,7%, in Campania e in Calabria entrambe con il 48,4. Nella nostra regione il tasso è del 75,9.
Per quanto concerne gli occupati sovraistruiti - ovvero coloro che nel 2023 ritenevano di avere un titolo di studio superiore a quello maggiormente posseduto per svolgere quella professione sul totale degli occupati - la punta più elevata è del 33,5% in Molise; seguono con il 33,2% la Basilicata e il 32,7% l’Umbria. Il livello più contenuto si evince nella Provincia Autonoma di Bolzano con il 16,3%. In Veneto il dato si colloca al 27,8%.
Il lavoro irregolare è presente soprattutto nel Mezzogiorno, con punte ogni 100 occupati del 16% in Sicilia, del 16,5% in Campania e addirittura del 19,6% in Calabria. Il livello più contenuto, invece, lo scorgiamo nella Provincia Autonoma di Bolzano con il 7,9%. Subito dopo si “posiziona” il Veneto con l’8,1%.
Come dicevamo più sopra, la soddisfazione per il proprio lavoro – vale a dire l’appagamento per il livello di retribuzione ottenuto, le ore lavorate, la stabilità del posto, l’opportunità di carriera, la distanza casa/lavoro, etc. – tocca la punta più elevata del 61,7% in Valle d’Aosta. Seguono con il 61,1% nella provincia Autonoma di Trento e con il 60,5% nella Provincia Autonoma di Bolzano. Il livello di soddisfazione più basso si attesta al 41,2% e riguarda la Campania. In Veneto praticamente un occupato su due non è soddisfatto del lavoro che svolge (per la precisone il 52,3% del totale).
La paura di perdere il posto di lavoro è diffusa soprattutto nel Mezzogiorno. Le situazioni più critiche interessano gli occupati della Calabria (5,9%), quelli della Sicilia (6,4%) e, in particolare, quelli della Basilicata (8,8%). I più “sereni”, invece, sono i lavoratori della Provincia Autonoma di Bolzano: nel 2023 solo il 2,4% ha manifestato una percezione di insicurezza del proprio posto di lavoro. Nella nostra regione la preoccupazione è solo del 3,2%.
Il part time involontario presente ogni 100 occupati, vale a dire coloro che nel 2023 hanno dichiarato di essere stati assunti con un contratto a tempo parziale, poichè non ne hanno trovato uno a tempo pieno. Ebbene, le situazioni più critiche hanno interessato il Molise con il 13,8%, la Sardegna con il 14,7% e la Sicilia con il 14,8%. Ancora una volta la Provincia Autonoma di Bolzano con il 3,8% degli occupati è risultata essere la realtà più virtuosa d’Italia. Segue il Veneto con il 6,7%.
In merito allo smart working, sono i lavoratori del Lazio a farne maggior ricorso: nel 2023 la media ha interessato il 20,9% degli occupati. Seguono la Lombardia con il 15,6 e la Liguria con il 14,9. Chiude la graduatoria la Puglia con il 5,4%. La nostra regione conta il 10,2% del totale occupati che lavorano da casa.
Tra coloro che hanno deciso di non lavorare e nemmeno di cercare un posto di lavoro – vale a dire il cosiddetto tasso di mancata partecipazione – spicca il dato della Calabria pari al 32,1%, della Campania con il 32,3 e, in particolare, della Sicilia con il 32,6. Il tasso più contenuto lo registra la Provincia Autonoma di Bolzano con il 3,5%; subito dopo scorgiamo il Veneto con il 6,6%.
L’ultimo sottoindicatore analizzato dalla Cia riguarda gli infortuni mortali e a quelli che hanno provocato nel 2022 una inabilità permanente ogni 10mila occupati. Ebbene, tra le regioni più investite da queste tragedie si segnala l’Abruzzo con il 14,7%, la Basilicata con il 16,1% e l’Umbria con il 16,7%. La regione meno coinvolta, invece, è stata la Lombardia con il 7,4%. Il Veneto è al 5° posto con un’incidenza del 9,4%.
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