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Il caso

Roberta Bruzzone e il neurologo stalker di Verona

Minacce, insulti e un processo che svela inquietanti retroscena

Roberta Bruzzone e il neurologo stalker: una battaglia giudiziaria che va oltre il tribunale

La scena si apre in un’aula di tribunale a Roma, dove la criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone, figura nota del piccolo schermo, testimonia con voce ferma una paura che va oltre le parole: quella di subire un attacco con l’acido. Al centro della vicenda è un neurologo veronese, il cinquantunenne Mirko Avesani, già condannato per diffamazione nei suoi confronti, ora imputato per stalking. Un processo che espone un crescendo di molestie e minacce, tracciando il profilo inquietante di una persecuzione lunga anni.

Il primo capitolo di questa storia risale al marzo del 2017, quando Avesani aveva scritto su Facebook insulti pesanti e allusioni sessuali rivolti a Bruzzone, causando così una condanna a nove mesi di reclusione sospesa con una multa di 15mila euro. L’accusa era basata su frasi offensive e sessiste che avevano profondamente danneggiato la reputazione della criminologa, protagonista anche in programmi televisivi nazionali e in trasmissioni come Ballando con le stelle.

Ma il clima di ostilità non si è mai placato: nel corso del processo per stalking, che prosegue a Roma, Bruzzone ha riferito di aver ricevuto messaggi molesti, email minacciose e esposti persecutori, che le hanno procurato uno stato di ansia e paura per la sua incolumità. Nel settembre del 2022, utilizzando un falso account Facebook, Avesani ha persino scritto: «la tigre andrà a fuoco», aggravando ulteriormente il quadro delle intimidazioni.

Durante un’udienza a Verona, il neurologo si è avvicinato al banco dove la criminologa stava testimoniando, urlandole accuse offensive e coinvolgendo anche la sua famiglia. Insulti e minacce sono stati rivolti non solo a Bruzzone, ma anche a suo marito, costringendo la criminologa a cambiare le proprie abitudini di vita e a chiedere un servizio di protezione.

Nel contrattacco, Avesani ha presentato esposti in cui accusa Bruzzone di comportamenti manipolatori, razzisti, xenofobi e addirittura di istigazione al suicidio, definendola “delinquente”. Una denuncia pesante che arricchisce di nuovi toni questo confronto giudiziario acceso e teso oltre le aule di tribunale.

A testimoniare la sua paura, Roberta Bruzzone ha parlato pubblicamente della minaccia di un attacco con l’acido, un’angoscia che pesa quotidianamente sulla sua serenità e che ha fatto sì che ora sia assistita da un servizio di protezione. A destare scalpore è anche il fatto che a molestarla sia un medico neurologo, cioè un professionista dalla cui condotta ci si aspetterebbe serietà e autocontrollo. L’avvocato di Bruzzone, Serena Gasperini, sottolinea come il comportamento persecutorio dell’imputato possa portare a una pena detentiva da uno a sei anni e sei mesi.

Una storia di conflitti, denunce e un processo delicato che mette sotto i riflettori non solo una querelle personale ma anche questioni più ampie di rispetto, sicurezza e responsabilità professionale.

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