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ATTUALITA'
08.10.2025 - 19:00
Le tensioni internazionali, dai fronti russo-ucraino e israelo-palestinese, riaccendono in Italia una domanda che sembrava appartenere al passato: chi sarebbe chiamato alle armi se il Paese dovesse entrare in guerra al fianco degli alleati europei?
Il tema è regolato dalla Costituzione e da precise disposizioni legislative, ma il dibattito è tornato d’attualità dopo la pubblicazione, da parte dei Comuni italiani, dei manifesti di leva relativi ai cittadini nati nel 2008. Si tratta di un documento pubblico, diffuso online attraverso l’Albo Pretorio, che riporta nome, cognome, luogo di nascita e numero d’iscrizione di ogni ragazzo che compie 17 anni nel corso del 2025. Non si tratta di una convocazione, né di un preavviso di arruolamento, ma di un atto amministrativo previsto dal Codice dell’ordinamento militare, utile a tenere aggiornate le liste in caso di riattivazione della leva.
Oggi la leva obbligatoria in Italia è sospesa dal 2004, ma non abolita. In circostanze eccezionali può essere ripristinata con decreto del Presidente della Repubblica, come prevede la legge, qualora le Forze Armate risultassero insufficienti. In quel caso l’obbligo riguarderebbe, in prima battuta, i militari in servizio e coloro che hanno lasciato le Forze Armate da meno di cinque anni. Solo successivamente, se necessario, verrebbero coinvolti i civili idonei al servizio tra i 18 e 45 anni, dopo la valutazione medica.
Le donne non sono escluse a priori: la normativa consente l’arruolamento femminile, mentre restano fuori dai richiami categorie specifiche come i Vigili del Fuoco, la Polizia penitenziaria e la Polizia locale. Sono invece escluse le donne in gravidanza e chi viene dichiarato non idoneo alle visite di selezione.
L’età limite varia a seconda dei ruoli. Per l’arruolamento ordinario la soglia è fissata a 26 anni, ma in caso di emergenze nazionali può estendersi fino a 45 anni per alcune specializzazioni. Gli ufficiali, invece, possono essere richiamati fino ai 65 anni.
La Costituzione, all’articolo 11, sancisce il ripudio della guerra come strumento di offesa, ma l’articolo 78 stabilisce che, in caso di stato di guerra, il Parlamento conferisce al Governo i poteri necessari. È solo in queste circostanze che la leva obbligatoria può essere riattivata, anche in seguito a una grave crisi internazionale che coinvolga direttamente il Paese o le organizzazioni di cui fa parte.
In situazioni del genere, la chiamata alle armi non può essere rifiutata. L’articolo 52 della Costituzione definisce la difesa della Patria un dovere sacro del cittadino e tutela il diritto al lavoro e i diritti politici di chi ne adempie.
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