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CRONACA

Scuola, l’Italia spende poco e male

Il modello finlandese mostra che investire bene fa la differenza

Scuola, l’Italia spende poco e male

Carenza di insegnanti, strutture obsolete e stipendi non adeguati: il sistema scolastico italiano continua a mostrare le sue fragilità. E non sorprende, considerando che l’Italia destina solo il 4% del Pil all’istruzione, una delle quote più basse in Europa.

Il problema, però, non è solo economico. Anche le poche risorse disponibili vengono spesso impiegate male. Serve un ripensamento complessivo del sistema, e per capire come farlo basta guardare a chi, in Europa, ha saputo trasformare la scuola in un modello d’eccellenza: la Finlandia.

La riforma finlandese, avviata negli anni Settanta, nacque da una situazione di forte arretratezza educativa. È stata attuata gradualmente, puntando su cooperazione e personalizzazione dell’apprendimento, anziché sulla competizione tra studenti.

Nelle scuole finlandesi non esistono classi rigide per età: gli alunni vengono raggruppati per livello di apprendimento e interessi, così da valorizzare i talenti e non penalizzare chi ha ritmi diversi. Anche i voti sono flessibili e calibrati sulle capacità individuali.

La figura del docente è centrale: gode di un elevato riconoscimento sociale, è ben retribuita e sostenuta da incentivi per la crescita professionale.

Se l’Italia vuole una scuola capace di far crescere il Paese, deve adottare una visione di lungo periodo, abbandonando la logica delle riforme spot. Guardare ai modelli virtuosi non significa copiare, ma capire che investire bene nell’istruzione è la base di ogni progresso.

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