Cerca

LA TESTIMONIANZA

In Africa “realtà che apre gli occhi”

Esperienza di un mese: “Emozioni forti. Quello che vedi là ti spiazza. Contatti umani impagabili”

Esperienza di un mese: “Emozioni forti. Quello che vedi là ti spiazza. Contatti umani impagabili”

Sandali, saio marrone e una terra battuta che sa di concretezza, tra i volti dei bambini del Mozambico. Stare, crescere ma soprattutto vedere quella realtà: a immergersi per due settimane insieme a fra Luca Santato, frate minore cappuccino veneto, missionario in Africa da quasi dieci anni, anche due giovani polesani. Anzi, giovanissimi: Enrico Lanzoni di Rovigo e Nicolò Bompi da Adria, rispettivamente 17 e 20 anni.

Zero rimorsi, tante aspettative, migliaia di sorprese: algoritmo che parla le corde di un cuore che ha visto una realtà difficile, poco a poco, in via di sviluppo attraverso la missione condotta dal francescano. Tanti infatti gli aiuti, i volontari, le donazioni e a una rete missionaria cappuccina che fa base a Maputo, capitale mozambicana, attivando vari progetti sociali a Buane, al confine con il Sudafrica. Opere fattive di cura e sostegno a tutti quei bambini e ragazzi di strada, rimasti orfani, ai quali viene data un’assistenza pediatrica (messo in atto da alcuni medici pediatri volontari italiani) e nutrizionale.

“Sono partito il 15 agosto e tornato il 15 settembre, già ne avevo sentito parlare di fra Luca - spiega Nicolò - è stata un’emozione fortissima. Mi ha aperto gli occhi vedere quella realtà, i sorrisi, le lacrime sui volti, fino alla gioia più pura tra le guance sono immagini, ma ancora più veri sentimenti che mi sono rimasti impressi e che ora mi accompagnano”.

Proprio dei più piccoli, dai tre fino ai 12 anni, si è occupato anche Enrico, raccontando: “Arrivando là ti trovi spiazzato e difficilmente fai le cose pianificate, ma forse questo è stato anche il trucco di partire senza aspettative perché, in un modo o nell’altro, le emozioni sono arrivate da sé e ho potuto viverle molto più intensamente, e veramente aggiungerei.

Dal primo settembre sono tornato in Italia il 14. In quel momento eravamo una decina di volontari, io aiutavo l’oratorio dalle 9 alle 11.30 stando a contatto con tutti quei bambini. Quasi sempre arrivavano da soli, non accompagnati dai genitori, perché entrambi al lavoro spesso come braccianti agricoli”.

Problema, quello dello sfruttamento lavorativo, ben evidente, continua a evidenziare Enrico: “La paga mensile media si aggira sui nostri 80 euro mensili, i combustibili costano come in America, quasi come da noi, e perciò circolano sono pochissime auto. Ci sia muove con autobus stracolmi, sovraffollati e camioncini al tracollo. Nonostante l’oratorio si trovasse a 40 chilometri dalla capitale, eravamo in mezzo al nulla”.

Non nuovi, quindi, i problemi igienico-sanitari: “Scabbia, tubercolosi latente e Hiv circolavano tra i bambini”. Visioni - ma tanto più vite - che lasciano il segno quasi come il pallone da basket rotolando sulla terra rossa, non essendoci le pedane per il campo adatto. Esperienze di una responsabilità che ha toccato tanti, non solo credenti, annota Enrico: “E’ più importante tante volte il gesto che fai, più che quello che professi, lì non vedevi i safari che ora spopolano tra le gite in Africa, quelle due settimane sono state un contatto umano impagabile, difficile da vedere qui, difficile da replicare, specie nei ragazzi, tra social. Tecnologia e l’idea di gruppi chiusi già programmati e definiti”.

E forse è vero che quando manca tutto, si vede l’essenziale e il cuore può tornare a battere, finalmente, respirando la polvere di chi non ha nulla.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su

Caratteri rimanenti: 400