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13.10.2025 - 13:14
In caso di attacco esterno il presidente della Repubblica non dispone di misure di sicurezza adeguate come un bunker antiatomico, struttura che durante la guerra fredda era stata predisposta per proteggere le più alte cariche dello Stato e poi dismessa. Oggi non esiste più, nonostante il livello di allerta in Italia resti elevato. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha ricordato che deve sempre considerare anche gli scenari peggiori e ha invitato ad aggiornare il piano di sicurezza nazionale, giudicato superato. Dal Quirinale però si fa sapere che per il presidente Mattarella la questione del bunker è l’ultimo dei suoi pensieri.
Attualmente l’unico che dispone di un rifugio dedicato è il presidente del Consiglio, che in caso di attacco atomico verrebbe trasferito a Forte Braschi, il complesso militare dei servizi segreti situato all’inizio di via Boccea, a Roma. Esistono procedure di tutela anche per il ministro dell’Interno e quello della Difesa, ma gli alloggi blindati presenti al Viminale e in via XX Settembre non sarebbero in grado di resistere a un attacco aereo. Le misure di sicurezza riflettono un lungo periodo di pace durante il quale non si è sentita l’urgenza di aggiornarle, e oggi il sistema appare in ritardo.
Un tempo esisteva il bunker di Monte Soratte, una rete di gallerie lunga sessanta chilometri costruita nel 1937 e poi modificata negli anni Sessanta per resistere a un attacco nucleare sotto il controllo della Nato. La struttura è stata dismessa e oggi è visitabile grazie a un’associazione. L’unico sito operativo resta quello denominato DC 75 a Montelibretti, a circa cinquanta chilometri da Roma, nella sede della Scuola di formazione operativa dei Vigili del fuoco. È una struttura antisismica in cemento armato, progettata per resistere a ordigni di grande potenza e ospita la sala operativa del Viminale, con personale e apparecchiature per la gestione da remoto delle emergenze.
Il problema principale è la distanza: durante un attacco aereo gli elicotteri non possono essere impiegati, e il trasferimento diventerebbe impossibile. Crosetto avrebbe espresso frustrazione per la burocrazia che rallenta la costruzione di nuovi rifugi, osservando che la Difesa deve rispettare le stesse regole di un imprenditore privato e che anche quando il governo può operare in deroga per ragioni di sicurezza nazionale i lavori possono comunque essere bloccati da opposizioni locali.
Le norme attuali vietano inoltre che le più alte cariche dello Stato viaggino insieme. La decisione è arrivata dopo i funerali di Silvio Berlusconi, quando l’intero esecutivo volò a Milano con lo stesso aereo. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi commentò ironicamente che in quella circostanza sarebbe bastato un solo colpo per eliminare l’intero governo.
In una nota ufficiale il ministero della Difesa ha precisato che Crosetto non ha rilasciato alcuna dichiarazione al Corriere della Sera e che le frasi riportate derivano da affermazioni pronunciate in passato in contesti pubblici, come in Parlamento, dove il ministro aveva sottolineato la necessità di prepararsi anche agli scenari peggiori. Non vi sarebbe mai stato riferimento a specifiche cariche dello Stato. Il ministero ha infine ribadito che il piano di sicurezza predisposto dallo Stato Maggiore della Difesa è coperto da segreto e non può essere commentato.
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