VOCE
Demografia
13.10.2025 - 07:23
In Polesine il rapporto fra persone in età lavorativa e over 65 è 48,9%. In Europa è il 37%
In Europa ci sono meno di tre adulti in età lavorativa per ogni pensionato, con un indice di dipendenza, pari alla percentuale dei pensionati rispetto alla popolazione in età lavorativa, che si attesta al 37%. L’Italia in questa statistica è fra le peggiori su scala europea con un tasso di dipendenza del 41%. E, nemmeno a dirlo, fra le province con il dato peggiore in Italia c’è il Polesine, dove ormai siamo arrivati praticamente a due adulti in età lavorativa per ogni anziano, il 48,9%. Non si tratta, però, del dato peggiore del Veneto, visto che a Belluno il tasso di dipendenza si attesta ancora più vicino al 50%, al 49,5%. Meglio di Rovigo, invece, fanno Venezia con il 45%, Padova con il 40,9%, Treviso con il 40,7%, Vicenza con il 39,7% e Verona, quella con il dato migliore della regione, al 39,3%.
A riportare questi numeri è il Sole 24 che spiega che questo fenomeno è “in espansione e sotto la lente d’ingrandimento dell’Ufficio Statistico dell’Unione europea, l’Eurostat, che nel suo ultimo report analizza le zone del vecchio continente più interessate, come l’Italia. Nel gennaio 2024, vi erano 139 regioni europee in cui l’indice di dipendenza degli anziani era almeno del 50%. Questo gruppo era concentrato principalmente nella Germania orientale e in Francia, ma anche in altri Paesi con un elevato numero di anziani rispetto alla popolazione più giovane, come il Portogallo, la Bulgaria, la Grecia, la Spagna e, nondimeno, anche l’Italia”.
L’indice in questione si calcola considerando gli over 65 e la popolazione fra 15 e i 64 anni. Tuttavia, se si va a considerare la popolazione realmente occupata e quella realmente in pensione, la prospettiva del Polesine si fa ancora più nera. Come evidenziato qualche tempo fa dalla Cgia di Mestre, “dall’analisi del saldo tra il numero di occupati e le pensioni erogate nel 2022, la provincia veneta più virtuosa è Verona che registra un risultato pari a +86mila. Seguono Padova con +74mila, Vicenza con +67mila, Venezia con +63mila e Treviso con 61mila. Le situazioni più critiche, invece, riguardano Belluno e Rovigo. Se nella provincia dolomitica il numero delle pensioni ha raggiunto quello dei lavoratori attivi, a Rovigo il sorpasso è già avvenuto. Il saldo, infatti, è pari a -9mila”.
Il perché di questa enorme sperequazione a Rovigo è presto detto: a livello regionale ha il più alto tasso di anziani e il più basso tasso di occupazione. L’indice di dipendenza strutturale, il rapporto tra la popolazione in età non attiva, cioè quella fra 0 e 14 anni e quella con 65 anni e più, e la popolazione in età attiva, dai 15 ai 64 anni, in Polesine è passata dal 58,2% del 2017 al 62% del 2023. Già sopra il 50% significa che c’è uno squilibrio. E, secondo le proiezioni dell’Istat, nel 2043 si arriverà a oltre il doppio, il 100,28%.
Non solo, perché a complicare il quadro del Polesine, oltre all’alto tasso di invecchiamento della popolazione favorito dal basso tasso di natalità, c’è anche quello della nuova emigrazione. Sono stati infatti 192 i giovani polesani che hanno scelto di trasferirsi all’estero nel corso dell’anno passato, con un aumento del 46,56% rispetto ai 131 migrati nel 2023.
Il dato, che emerge dal Flash Report 2025 della Fondazione Nord Est, conferma una perdita di risorse importanti per la provincia di Rovigo, che perde ulteriori forze in età lavorative in un tessuto sempre più asfittico. Ma perde anche competenze, visto che il 61,2% dei polesani migrati oltre confine aveva una laurea.
Anche se si considera il tasso di dipendenza strutturale, che considera nel rapporto non solo i pensionati, ma anche i giovani che non sono in grado di mantenersi, quindi gli under 15, la situazione della provincia di Rovigo è ancora più cupa con un rapporto passato dal 50% del 2005 al 62,2% del 2024.
Come evidenziato tempo fa da Marco Campion, presidente di Confartigianato, “questi numeri rappresentano un campanello d’allarme per il nostro sistema produttivo, che inevitabilmente si ripercuote sugli aspetti sociali. Sempre più imprese fanno fatica a trovare manodopera interna, soprattutto nelle aziende artigiane”.
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