VOCE
agricoltura
16.10.2025 - 08:00
Nel Delta del Po cresce la superficie coltivata a riso, segnando per il 2025 un aumento significativo rispetto all’anno precedente. Il computo degli ettari coltivati raggiunge i 595, rispetto ai 475 del 2024, registrando un incremento del 25,3% rispetto all’anno record negativo del nuovo secolo.
“Non è la fine del problema, ma la dimostrazione che si può riuscire”, commenta Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi), sottolineando come i dati rappresentino un segnale di inversione di tendenza rispetto al calo costante che ha caratterizzato la coltivazione di riso negli ultimi decenni. Per contestualizzare il fenomeno, nel 2000 le risaie del Delta occupavano ancora 2.150 ettari, cifra che evidenzia l’entità del declino registrato negli anni successivi.
Il ritorno delle risaie riguarda in particolare il tratto finale dell’Isola di Ariano, tra Po di Donzella e Po di Goro, due corsi d’acqua paralleli che sfociano nel mare Adriatico. Questa area, tradizionalmente vocata alla coltivazione del riso, aveva progressivamente abbandonato la produzione a causa dell’ingressione del cuneo salino e della chiusura delle derivazioni. “Per il Delta del Po, 120 ettari di risaia in più significa aumentare la produzione agricola di qualità, ma anche riscoprire il paesaggio agricolo originario e quindi preservare la propria identità”, spiega Rodolfo Laurenti, direttore del Consorzio di bonifica Delta del Po, evidenziando il valore produttivo, ambientale e paesaggistico della coltivazione ripristinata. Determinante per il rilancio è stato l’avvio, a fine primavera, di un impianto irriguo presso l’idrovora Goro e l’ammodernamento della rete irrigua con un’infrastruttura tubata lunga tre chilometri, che garantisce l’approvvigionamento idrico fino alla località Bacucco grazie all’acqua di bonifica del canale Veneto.
I lavori, progettati e realizzati dal Consorzio, sono stati finanziati con 9mlioni e 800mila euro provenienti dal Piano di sviluppo turale nazionale (Psrn), fondi che hanno permesso di realizzare interventi anche in altre aree dell’Isola di Ariano.“È la dimostrazione di come risorse ben utilizzate possano portare a risultati concreti talvolta anche in breve tempo - conclude Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – In questo caso si sommano due questioni, oggetto di attenzione nelle nostre strategie: preservare le aree umide dalla risalita del cuneo salino e valorizzare le zone interne, creando le condizioni per il permanere della popolazione, garantendone l’indispensabile presidio umano. Di fronte alla crisi climatica, infatti, è necessario avere un territorio più resiliente e ciò non può prescindere anche dal riequilibrare la pressione antropica”.
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