VOCE
MELARA
28.10.2025 - 10:30
Il distretto della giostra supera ogni crisi. A cavallo con la Lombardia “contaminazioni continue”
A Melara il Veneto incontra la Lombardia e il dialogo tra territori è quotidiano. A guidare la comunità di 1.666 abitanti c’è il sindaco Anna Marchesini, al suo secondo mandato, che per due mandati lotta per ottenere servizi sanitari, infrastrutture e futuro, insieme ai colleghi dell’Alto Polesine, così a confine con province e regioni fuori dalla competenza di Rovigo.
Essere il Comune “di frontiera” della provincia di Rovigo è un limite o un’opportunità?
“E’ una bella domanda. In realtà lo viviamo come una ricchezza. Collaboriamo molto con i Comuni dell’Oltrepò Mantovano, con cui c’è grande sintonia. Le contaminazioni sociali sono infinite: molti ragazzi studiano a Ostiglia o Legnago, le famiglie si intrecciano, e questo crea un tessuto umano vivace. I confini ci sono, ma sono invisibili”.
Melara fa parte del distretto della giostra, un’eccellenza produttiva conosciuta in tutto il mondo. E’ ancora così in salute?
“Altroché crisi! Il distretto è il cuore della nostra economia, dà visibilità e lavoro. Le nostre aziende competono a livello internazionale e hanno saputo innovarsi, sfruttare le tecnologie e aprirsi ai mercati. Anche la Zls ha portato benefici: gli imprenditori locali hanno colto l’occasione e i risultati si vedono”.
Molti Comuni lamentano problemi di sanità. Voi come siete messi?
“E’ la nostra vera criticità. Siamo l’ultimo paese dell’Ulss e confinando con Verona e Mantova, per un’emergenza sarebbe naturale andare a Legnago, che dista solo 15 chilometri. Finalmente, grazie a una delibera recente, i casi tempo-dipendenti come infarti e ictus potranno essere portati lì. E’ un passo avanti, ma resta il problema del post-ricovero: raggiungere Rovigo è un’odissea”.
Anche la viabilità sembra essere un tema caldo per l’Alto Polesine.
“Sì, e chi arriva fin qui capisce quanto le strade siano un nodo cruciale. Non voglio dire che la politica non abbia fatto la sua parte, ma costruire ponti e infrastrutture in un territorio pieno di fiumi costa di più. E alla fine i numeri contano: dove ci sono pochi abitanti, le priorità vengono spostate altrove”.
Molti piccoli Comuni temono fusioni o unioni. Lei come la vede?
“Io non credo esista un problema. I piccoli Comuni sono la spina dorsale del Paese. Non siamo cittadini di serie B: paghiamo le stesse tasse di chi vive in città e abbiamo diritto agli stessi servizi. La questione è di equità, non di dimensioni. Chi sceglie di vivere e lavorare in un borgo non deve essere penalizzato”.
La provincia di Rovigo paga ancora un isolamento politico o manca una visione d’insieme?
“Non direi che siamo abbandonati, ma manca un progetto strategico. Il Polesine avrebbe bisogno di una visione di sviluppo, soprattutto per attrarre persone e investimenti. Abbiamo case vuote e lavoro disponibile: serve un piano di attrattività per riportare giovani e famiglie. Altrimenti continueremo a perdere popolazione”.
I bandi sono davvero un’opportunità o rischiano di essere un’arma a doppio taglio?
“Sono fondamentali, ma spesso mancano di visione. Ti finanziano un progetto, ma poi devi anticipare i fondi e attendere anni per i rimborsi. Per un piccolo Comune è difficile. Però noi non ci fermiamo: stiamo realizzando una Comunità Energetica Rinnovabile grazie alla collaborazione con le imprese locali. E’ un progetto che unisce risparmio, sostenibilità e rispetto per l’ambiente agricolo. Questa è la strada che vogliamo seguire”.
E fra dieci anni, come vede Melara?
“La vedo viva e orgogliosa. Abbiamo asfaltato il 70% delle strade, rinnovato il centro, stiamo lavorando a un centro culturale e a nuovi impianti di illuminazione. Scommettiamo su una Melara che cresce grazie alla cultura e alla socialità. I residenti sono in aumento, le famiglie arrivano: questo ci fa ben sperare”.
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