VOCE
omicidio dei casoni
30.10.2025 - 08:49
Un sacco a pelo e un mozzicone di sigaretta. Il progresso nella processazione e nell'analisi del Dna. L'acume investigativo e la grande professionalità dei nostri carabinieri. E l'evoluzione normativa in ambito giudiziario. Sono gli ingredienti che hanno consentito di risolvere, perlomeno dal punto di vista accusatorio, il rebus costituito dall'omicidio dei Casoni a Rosolina Mare, 27 anni e mezzo dopo i fatti che sconvolsero tutto il Polesine. Una svolta investigativa anticipata, nella giornata di martedì 28 ottobre, dal quotidiano La Voce di Rovigo.
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Al centro dell'inchiesta, il vero e proprio massacro condotto, verosimilmente nella notte tra 28 e 29 giugno del 1998, a Rosolina Mare, all'interno del bar dei "Casoni", oggi non più esistente, che si trovava sulla spiaggia omonima. All'epoca, era un punto di riferimento irrinunciabile per turisti e bagnanti, gestito da Elisea Marcon e la figlia adottiva Cristina De Carli. Erano entrambe di Paese, nel Trevigiano, ma, per la stagione, si spostavano a Rosolina Mare per gestire il chiosco. Quella avrebbe dovuto essere la loro ultima stagione: avevano già deciso di vendere.
Vennero trovate, al mattino del 29 giugno del 1998, massacrate a colpi di spranga. La prima era senza vita, la seconda agonizzante: si spense poco dopo. Un delitto sconvolgente, del quale, per quasi tre decenni, si è parlato nella nostra provincia tra un alone di orrore e uno di mistero, sino a farlo assurgere a un'aurea quasi leggendaria. Nel corso degli anni, non sono mancate le voci su una possibile riapertura delle indagini. Sin da subito il sospetto fu che a monte di tutto ci potesse essere un tentativo di furto o rapina, ma le indagini, all'epoca, non riuscirono a compiere lo scatto finale. Scatto che, invece, ora è stato compiuto.
L'impostazione dell'inchiesta è quella che già venne delineata all'epoca: un blitz per rubare l'incasso, circa 600mila euro, in effetti sparito. Verosimile che madre e figlia si siano svegliate durante il furto e questo abbia scatenato la mattanza. La madre sarebbe stata colpita perlomeno nove volte, con furia cieca, la figlia addirittura sedici. Un massacro orrendo. A compierlo, a quanto emerge dagli atti della nuova inchiesta, sarebbe stato l'allora aiutante, anche con mansioni di lavapiatti, ossia il cittadino ceco di 48 anni identificato nel corso della nuova indagine, detenuto sino ai giorni scorsi nella Repubblica Ceca, scarcerato da pochissimo, dopo che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rovigo ha rigettato la richiesta di misura cautelare proprio per il duplice omicidio del 1998.
A spiegare come le indagini abbiano compiuto lo step determinante, è proprio la Procura della Repubblica, con una nota del capo dell'ufficio Manuela Fasolato. "Le indagini, che approfondivano le prime investigazioni svolte subito dopo i fatti nel 1998 - spiega la comunicazione - sono state delegate dalla Procura di Rovigo ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Rovigo, con l’ausilio del Reparto Carabinieri Investigazione Scientifiche di Parma, e hanno consentito di svolgere in maniera ulteriormente approfondita riscontri e accertamenti, di acquisire ulteriori dati investigativi, testimonianze e nuovi esami di carattere tecnico scientifico che erano eseguiti su tutti i reperti a suo tempo acquisiti all'epoca dei fatti, nonché erano svolti ulteriori approfondimenti tecnici sul materiale fotografico; tutto ciò consentiva di poter individuare, tra gli altri, un profilo genetico che, con l’autorizzazione della Procura della Repubblica di Rovigo, era inserito nelle banche dati nazionali e successivamente confrontato con quelle internazionali".
"Nell’anno 2023, grazie all'entrata in vigore delle nuove procedure del trattato di Prum in ambito Schengen che consente e disciplina le procedure d’interscambio tra i paesi aderenti di informazioni di polizia sensibili quali i profili genetici prelevati alle persone fotosegnalate nei vari paesi e quelli di autori ignoti di reato custodite nelle rispettive Banche Dati Nazionali del Dna, è stato ottenuto un match positivo tra il profilo genetico ricondotto ad uno degli autori del delitto emerso nel corso degli accertamenti scientifici complessivamente svolti".
In particolare erano riesaminati tutti i reperti ed era possibile individuare un profilo genetico su un sacco a pelo utilizzato dal cittadino ceco, "soggetto - prosegue la Procura - che lavava i piatti al ristorante Ai Casoni e dormiva dapprima in un casone abbandonato vicino al ristorante, e poi negli ultimi due giorni prima del delitto, dormiva nel ripostiglio all’interno del ristorante; lo stesso profilo genetico era ritrovato anche su un mozzicone di sigaretta rinvenuto all’interno della autovettura Fiat Argenta utilizzata per la fuga dai responsabili del duplice omicidio e abbandonata a Mestre: detto profilo era comparato con quello prelevato all’attuale imputato, soggetto carcerato prima in Austria e poi nella Repubblica Ceca, ed era ottenuto un match positivo".
Un grande colpo investigativo, senza alcun dubbio, quello messo a segno dai carabinieri dell'apposito Nucleo del comando provinciale di Rovigo, che mette un punto fermo su un delitto orrendo. Non è, tuttavia, finita qui. Perché, se c'è una certezza, solida, manifestatasi sin dalle prime battute dell'inchiesta, in quel giorno di fine giugno rosso sangue del 1998, è che a uccidere non fu una persona sola. Il capo di imputazione alla base della nuova indagine parla, infatti, di un complice. Secondo l'avvocato di parte civile, che assiste i famigliari delle due donne uccise, il legale Martino De Marchi di Treviso, che da anni segue la vicenda, potrebbe trattarsi addirittura di due complici. Già al termine dell'udienza preliminare conclusasi con il rinvio a giudizio dell'indagato, secondo alcune indiscrezioni ci sarebbe stato un colloquio tra l'avvocato di parte civile e il procuratore, che potrebbe avere avuto per oggetto proprio ulteriori indagini, finalizzate a chiarire questo punto.
Intanto, il processo a carico del cittadino ceco inizierà il 13 marzo 2026, con l'imputato difeso dall'avvocato Pier Luigi Rando del foro di Rovigo.
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