VOCE
porto tolle
31.10.2025 - 16:21
 
									“Riportiamo il Polesine in Veneto”: uno slogan che, in primo luogo, significa che il Polesine deve smettere di non essere figlio di nessuno, come se il Veneto finisse con l’Adige, mentre l’Emilia Romagna inizia col Po e, in mezzo, qualcosa che non si sa bene a chi appartenga e del quale nessuno vuole occuparsi. Se non quando è il momento di individuare destinazioni per insediamenti “scomodi”. Come potrebbe essere, per esempio, una centrale nucleare nell’isola di Polesine Camerini.
E non è stata per nulla una boutade, quella ribadita da Angelo Zanellato, segretario provinciale del Pd e candidato consigliere regionale – ruolo già ricoperto in passato – alle prossime elezioni del 23 e del 24 novembre, giovedì pomeriggio in Galleria Braghin ad Adria, nel corso del colloquio con la città, che lo ha visto alternarsi a Giuliano Ramazzina, giornalista, a lungo “penna” del Resto del Carlino di Rovigo.
“Questo Governo – ha spiegato con chiarezza Zanellato – ha preso una decisione molto chiara sulla politica energetica: ogni Regione dovrà individuare un’area per realizzare una centrale nucleare, seppure di dimensioni ridotte rispetto al passato. E che requisiti deve avere il contesto ideale? Deve essere lontano dalle città, a bassa densità di popolazione, con una enorme quantità di acqua disponibile e una classificazione di tipo ‘industriale’. Conoscendo il Veneto, a me viene in mente una sola località: l’isola di Polesine Camerini. Qui, tra l’altro, sorgeva la vecchia centrale Enel, sarebbe dovuto sorgere un villaggio turistico, ma non accadrà, a mio avviso, alla luce della necessità di una bonifica profonda del terreno”.
Un allarme in piena regola, quindi, che necessita, ha spiegato Zanellato, di una mobilitazione, per riportare lo sviluppo del Bassopolesine e del Polesine su binari “altri”, più adatti alle potenzialità e al valore del nostro territorio.
“E le opportunità ci sono – ha proseguito Zanellato – Certo, abbiamo il turismo, ma abbiamo anche la ricerca. Il mondo della ricerca ha un grande interesse per il Bassopolesine, alla luce delle sue caratteristiche ambientali. Potremmo arrivare ad ospitare un centinaio di ricercatori e, come sapete, dove ci sono ricercatori ci sono imprese e sviluppo: questa è la strada da battere”.
Un modello, insomma, basato su turismo, ambiente, cultura, che sappia fare rete anche con tutte quelle realtà museali oggi già presenti, ma non messe in collegamento le une con le altre. Sfruttando anche le potenzialità del trasporto fluviale e marittimo, individuando Chioggia come un porto di arrivo che dirotti poi sì la gran massa dei visitatori verso Venezia – come è inevitabile – ma che possa portare una parte del flusso verso i nostri territori. Senza dimenticare l’importanza di un allacciamento viario tra la Transpolesana e la Strada del Mare.
Non servono, insomma, ricette miracolose, ma accorgimenti, investimenti non proibitivi, ma soprattutto la volontà di lavorare sul Polesine e di considerarlo, come, a oggi, non è mai stato fatto, in 31 anni di governo della Regione di centrodestra, che ha preferito puntare su progetti faraonici, costosissimi, gravosi per il futuro e di dubbia utilità, come la Pedemontana, dimenticando completamente la nostra terra.
Infine, un passaggio sulla sanità, con il richiamo, forte, a investire di nuovo sul pubblico, per garantire cure e assistenza – in tempi ragionevoli, il che è fondamentale – anche a chi non ha la possibilità di pagare di tasca propria per quello che dovrebbe essere un diritto inalienabile.
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