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Confermato il bonus per chi rinvia la pensione

Aumento in busta paga anche nel 2026

Confermato il bonus per chi rinvia la pensione

Chi ha già maturato i requisiti per la pensione anticipata ma decide di continuare a lavorare potrà ancora contare sul cosiddetto bonus Giorgetti – l’ex bonus Maroni – che viene rinnovato nella bozza della nuova Legge di Bilancio. Il meccanismo premia chi rimanda l’uscita dal lavoro trasformando la propria quota contributiva in un incremento immediato dello stipendio. La misura, valida tanto per i dipendenti privati quanto per quelli pubblici, resta operativa fino a fine 2026, proseguendo la linea degli ultimi anni con l’obiettivo di alleggerire la pressione sul sistema previdenziale.

Il funzionamento è semplice: i lavoratori che hanno raggiunto i requisiti per la pensione anticipata ordinaria possono rinunciare alla loro quota contributiva – circa il 9,19% dello stipendio lordo nel settore privato e 8,89% nel pubblico – che non viene più versata all’Inps ma trasferita direttamente in busta paga, garantendo un aumento netto mensile. Il beneficio è riservato a chi non percepisce già un trattamento pensionistico e non ha presentato domanda, salvo i casi di assegno di invalidità.

Secondo le prime stime tecniche, nel 2026 potrebbero aderire circa 6.700 lavoratori, pari a circa il 12% di chi maturerà i requisiti e sceglierà di restare occupato qualche mese in più. Il bonus risulta particolarmente attrattivo per chi è a ridosso della soglia pensionistica e valuta la convenienza di rimanere al lavoro per un periodo limitato.

Le simulazioni indicano incrementi significativi: con uno stipendio lordo annuale di 25 mila euro l’aumento supera i 2.300 euro annui, che salgono a circa 2.750 euro con un reddito di 30 mila, oltre 3.200 euro per chi guadagna 35 mila e circa 4.140 euro sui 45 mila. Sopra i 60 mila euro, l’incremento può superare i 5.500 euro l’anno. Su periodi più lunghi, i benefici si amplificano: due anni di permanenza in servizio valgono circa 5.500 euro netti in più per un reddito da 30 mila euro, 8.300 euro per chi ne guadagna 45 mila e oltre 11 mila euro per chi si colloca sui 60 mila.

L’effetto sui conti pubblici, nel breve termine, appare limitato ma leggermente sfavorevole: nel 2026 si prevede un saldo negativo intorno a mezzo milione di euro per via delle minori entrate contributive, che superano il risparmio sulle nuove pensioni. Lo stesso scenario è atteso nel 2027 e 2028, con un peggioramento nel 2029. Dal 2030, però, l’impatto dovrebbe diventare stabile e positivo, grazie al minore carico pensionistico generato dal rinvio delle uscite dal lavoro.

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