VOCE
LO STUDIO
03.11.2025 - 17:00
Una ricerca dell’Imperial College di Londra pone sotto una nuova luce gli incubi ricorrenti, collegandoli a indicatori di invecchiamento biologico accelerato. Non si tratta soltanto di disturbi del sonno o di riflessi emotivi: chi sperimenta sogni angoscianti con frequenza mostra maggiore stress cellulare e modifiche epigenetiche del Dna associate a un organismo che invecchia più in fretta.
Gli scienziati hanno seguito oltre 183 mila adulti e 2.400 bambini fino a diciannove anni, misurando telomeri e orologi epigenetici. Coloro che riferivano incubi almeno una volta alla settimana risultavano biologicamente più anziani rispetto all’età cronologica. Nei bambini, l’accorciamento dei telomeri suggeriva una precoce esposizione allo stress.
Secondo gli autori, circa il 40% del legame tra incubi e salute sarebbe spiegato da questo meccanismo. Durante un incubo, il corpo reagisce come di fronte a un pericolo reale: accelerazione del battito, aumento della pressione, rilascio di cortisolo. Se questa condizione si ripete nel tempo, l’organismo vive una sorta di allarme continuo che ostacola i processi di riparazione notturna.
Il dato più sorprendente riguarda la prospettiva di vita. Chi soffre regolarmente di incubi presenta un rischio triplo di morte precoce prima dei 70 anni, anche al netto di fattori come fumo, obesità o sedentarietà. Gli incubi non sono considerati causa diretta, ma un possibile segnale precoce di vulnerabilità biologica, capace di anticipare squilibri profondi nei meccanismi di adattamento allo stress.
La scienza del sonno mette in luce il ruolo del cervello: durante la fase REM, l’amigdala resta iperattiva mentre la corteccia prefrontale rallenta, lasciando campo libero alle emozioni più primitive. Un sistema che normalmente serve a smaltire lo stress emotivo diventa, nei soggetti predisposti, un circuito di amplificazione dell’ansia. Studi genetici spiegano parte della predisposizione: varianti nei geni che regolano serotonina e dopamina rendono alcune persone più sensibili agli stimoli negativi e più inclini a memorizzare sogni intensi e disturbanti.
Non è solo una questione di genetica. Stress cronico, traumi, privazione di sonno, farmaci e alcol possono alimentare il fenomeno, trasformando una predisposizione in una condizione stabile. Il risultato è quello che i ricercatori definiscono “loop dello stress onirico”: l’incubo peggiora il riposo, il sonno frammentato rende più vulnerabili allo stress diurno, e questo ciclo si autoalimenta fino a incidere sull’equilibrio immunitario, metabolico e cardiovascolare.
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