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l'allarme
05.11.2025 - 21:00
Erano dieci anni che il Polesine non piangeva un numero di vittime sul lavoro così alto. Da gennaio a oggi, infatti, sono state ben sette le persone che si sono spente mentre stavano lavorando.
Rispetto all’anno scorso, quando invece si era verificata una sola morte sul lavoro, l’incremento è del 600%. Anche nel 2023 il numero delle cosiddette “morti bianche” era stato tutto sommato contenuto a tre episodi, fra l’altro tutti tutti nelle acque del Delta del Po, a Porto Tolle, di altrettanti pescatori morti per malori.
Nel 2022, invece, erano state quattro le morti sul lavoro in Polesine, mentre nel 2021 c’erano stati ben sei infortuni mortali, rispetto ai quatto del 2020 ed ai quattro del 2019, ai tre del 2018 ed ai cinque nel 2017. Bisogna tornare indietro al 2014, l’anno della più terribile strage civile in Polesine a memoria d’uomo, con la morte dei quattro lavoratori all’impianto Coimpo, per trovare un numero più alto, 8 morti sul lavoro, seppure anche il 2015 sia stato un anno tragico, con sette morti sul lavoro in 12 mesi, 16esimo posto in Italia per tasso di morti sul lavoro in rapporto al numero di occupati, primo del Veneto, come già l’anno precedente con l’11esimo posto nazionale.
E così quest’anno, in meno di 11 mesi già otto vite spezzate.
Al di là dei numeri è bene ricordare che si tratta di storie di vita interrotte bruscamente, di famiglie distrutte, di padri che non tornano a casa, di incidenti che avvengono in luoghi che dovrebbero essere sicuri.
Già prima delle ultime due dolorose tragedie costate la vita a Mirco Furlin, 47 anni, papà separato, di Monselice, che secondo le prime ricostruzioni è caduto martedì da un silos nell’azienda che tratta il mais tra San Martino di Venezze e Mardimago, ed a Luca Domenicale, 29 anni, di Taglio di Po, giovane marito e papà, schiacciato da un macchinario nell’azienda di Rosolina della quale era dipendente, lo scorso 27 ottobre, la provincia di Rovigo era tristemente ai vertici della classifica nazionale delle morti sul lavoro in relazione al numero di lavoratori, stilata dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering: con i cinque infortuni mortali nei primi nove mesi dell’anno il Polesine aveva un numero di infortuni mortali ogni milione di occupati pari a 50,1, 11esima posizione, fra Cremona e Palermo, prima di tutto il Veneto.
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Veneto che, comunque, da gennaio a settembre ha fatto registrare 60 infortuni sul lavoro, con un’incidenza pari al 26,9 per milione, pari al 10,4% di tutti quelli avvenuto in Italia, secondo solo alla Lombardia con il 12,7% e 73 morti.
A livello nazionale, i primi nove mesi del 2025 hanno visto spegnersi sul lavoro 575 persone, in aumento dell’1,4% rispetto ai primi tre trimestri del 2024.
Nel 2024 in Veneto, secondo l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering, si sono registrati 54 infortuni in occasione del lavoro. Meno rispetto ai 60 già registrati fra gennaio e settembre di quest’anno. Nel “Bollettino degli infortuni mortali” pubblicato dalla Regione nell'ambito del piano regionale di prevenzione se ne riportano invece 23. Sono esclusi, si precisa, gli “infortuni in itinere, dovuti esclusivamente a cause mediche, deliberatamente autoprocurati, accaduti a studenti durante attività in aula/palestra/laboratorio scolastico, accaduti a sportivi, accaduti a soggetti non lavoratori occasionalmente presenti in ambiente di lavoro”. Tre solamente sui 23 infortuni mortali hanno coinvolto donne e tre su 23 anche gli stranieri. Nove le morti in agricoltura e tutte e nove per schiacciamento, cinque invece gli infortuni mortali nell’edilizia, una per schiacciamento e quattro per caduta. La fascia di età più numerosa, con 8 casi, quella da 71 anni e più.
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