VOCE
veneto
07.11.2025 - 19:52
“Non esiste una giustizia capace di restituire ciò che è stato tolto, ma esiste la consapevolezza che la verità è stata riconosciuta e che le responsabilità sono state pienamente accertate”. Sono le parole con cui Gino Cecchettin accoglie la rinuncia della Procura generale di Venezia di impugnare la sentenza di primo grado che ha condannato all’ergastolo Filippo Turetta per l’omicidio premeditato di sua figlia, Giulia Cecchettin.
"Verrebbe naturale pensare di continuare a pretendere giustizia, di cercare ulteriori riconoscimenti della crudeltà o dello stalking. Ma continuare a combattere quando la guerra è finita è, in fondo, un atto sterile. La consapevolezza che è il momento di fermarsi, invece, è un segno di pace interiore e di maturità, un passo che andrebbe compiuto più spesso”, aggiunge.
“La giustizia ha il compito di accertare i fatti, non di placare il dolore. Quel compito spetta a noi: a chi resta, a chi decide di trasformare la sofferenza in consapevolezza e la memoria in responsabilità. Come padre ho scelto da tempo di guardare avanti, perché l’unico modo per onorare Giulia è costruire, ogni giorno, qualcosa di buono in suo nome”, dice l’uomo che presiede la Fondazione che porta il nome di sua figlia.
“Giulia merita di essere ricordata non solo per la tragedia che l’ha colpita, ma per ciò che ha rappresentato: la sua dolcezza, la sua intelligenza, la sua voglia di vivere e di amare in libertà. Il dolore non si cancella, ma può diventare seme. Mi auguro che tutti impariamo a riconoscere e a respingere ogni forma di violenza, e che la cultura del rispetto diventi un impegno condiviso, nella quotidianità e nelle istituzioni. Solo così il sacrificio di Giulia potrà generare un cambiamento reale, profondo, duraturo”. L’amore per Giulia “continuerà ad accompagnarmi, come una guida silenziosa, ogni giorno della mia vita”, conclude Gino Cecchettin.
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