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SALUTE

Quando c'è da preoccuparsi

21 casi di influenza ogni mille assistiti

Quando c'è da preoccuparsi

Siamo nel cuore della stagione dell’influenza, e i bambini risultano i più colpiti. Secondo l’ultimo bollettino RespiVirNet, la fascia tra 0 e 4 anni registra l’incidenza più alta, con circa 21 casi ogni mille assistiti. Il pediatra Italo Farnetani spiega che la paura dei genitori di fronte a febbre e dolori può portare a errori di valutazione, spesso responsabili di accessi inutili al pronto soccorso. Comprendere i segnali del corpo dei più piccoli aiuta a evitare ansie e sovraffollamenti.

Il dolore addominale è uno dei sintomi che genera più confusione. Secondo Farnetani, più il bambino si muove, meno probabile è che il problema sia grave. Se invece resta immobile, può trattarsi di appendicite. Anche la durata del dolore è un indicatore importante: se supera un’ora o diventa continuo, è bene chiedere una visita urgente.Un altro elemento chiave è la localizzazione del dolore: se si concentra vicino all’ombelico, spesso non ha cause chirurgiche. Il cosiddetto “test del salto” può aiutare: se il piccolo riesce a saltare senza fastidio, il disturbo è quasi sempre lieve.

Quando i bambini lamentano mal di testa, bisogna ricordare che fino ai sei anni faticano a individuare la zona precisa. Ciò che sembra un dolore alla testa può in realtà derivare da orecchie o capogiri. La visita medica resta consigliata, ma senza allarmi. Un mito da sfatare è quello dei “dolori di crescita”, che non hanno basi scientifiche. Spesso i dolori agli arti nascondono traumi, infiammazioni o patologie reumatiche.

Anche il pianto può trarre in inganno: non sempre indica una malattia. Nei più piccoli è un modo per comunicare; solo un pianto fioco e prolungato può essere legato a una condizione fisica. Allo stesso modo, le cosiddette “coliche del lattante” non esistono come malattia autonoma: spesso il pianto intenso è una forma di richiesta di attenzione.

Molti errori riguardano la febbre. Farnetani sottolinea l’importanza di una misurazione corretta: il caldo ambientale, l’attività fisica o l’alimentazione possono far salire la temperatura senza che vi sia infezione. Da sfatare anche la “febbre da denti”, priva di fondamento scientifico. Più complesso il caso in cui febbre e mal di testa siano associati a rigidità del collo: se il bambino non riesce a reggersi in piedi, è necessario un controllo immediato per escludere la meningite.

Un errore frequente è non far bere abbastanza i piccoli con la febbre: l’idratazione è fondamentale per evitare complicazioni. Altro sbaglio è coprirli troppo: il corpo ha bisogno di disperdere il calore attraverso la sudorazione e il riposo in un ambiente fresco. La regola d’oro, conclude Farnetani, è osservare con calma e attenzione: meno paura, più buon senso

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