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l’anniversario

Il giorno in cui tutto è cambiato

Tante le storie di coraggio ed eroismo tramandate da quei giorni terribili di 74 anni fa

Il giorno in cui tutto è cambiato

Quattordici novembre. Una data scolpita a fuoco nella storia familiare di ciascuno di noi. Anche se ormai sono sempre meno i polesani che hanno vissuto direttamente l’alluvione (circa 35mila persone hanno più di 74 anni, meno di 20mila superano gli 80 e possono ricordare), gli eventi di quel giorno di 74 anni fa hanno segnato indelebilmente anche le due generazioni venute dopo.

E se ormai la memoria di quanto accaduto si sta diradando, ci sono storie, di dolore e di coraggio, d’amore e (come si dice oggi) resilienza, che continuano ad essere tramandate. Ogni famiglia ha la sua, impossibile citarne tutte: c’è quella del capostazione di Occhiobello (si chiamava Francesco Mauri) che sfidò l’onda che saliva per andare incontro a un treno in arrivo e fermarlo, nella nebbia di quella notte, evitando una strage; e quelle dei tanti che, con zattere improvvisate, girarono per le campagne portando in salvo chi era rimasto bloccato nelle case, mettendosi al riparo ai piani superiori o sui tetti. E poi c’è la diaspora: su 190mila polesani sfollati, in gran parte nelle province ricche del Nordovest, 100mila non hanno mai fatto ritorno “a casa”. Già, casa: c’è una data che in pochi conoscono.

E’ quella del 24 maggio 1952. Sei mesi e dieci giorni dopo l’alluvione: soltanto quel giorno, il commissario governativo per l’alluvione, il senatore Giuseppe Brusasca, annunciò l’avvenuto prosciugamento del Polesine. Centomila ettari della nostra provincia, pari al 52% del territorio, erano stati sommersi complessivamente da tre miliardi e 128 milioni di metri cubi d’acqua. Un numero impossibile persino da immaginare. E che ha segnato per sempre un prima e un dopo nella storia di questa terra.

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