VOCE
L’intervista al candidato
18.11.2025 - 21:00
Angelo Zanellato il consiglio regionale lo ha già visto da vicino: per due anni e mezzo, dal novembre 2002 alla primavera 2005. Ora è di nuovo in corsa, sotto le insegne del Pd, partito di cui è segretario provinciale.
Zanellato, perché questa candidatura?
“Nella mia ‘prima volta’ a palazzo Ferro-Fini penso di aver fatto cose importanti per il mio territorio, e sono convinto di poter ancora dare una mano, non soltanto al Delta ma a tutto il Polesine”.
In questi 20 anni, però, il mondo è cambiato.
“Sicuramente è cambiato il modo di fare politica: contano solo i social, non più il confronto e l’ascolto. Ma penso che ci siano ancora molte risposte da dare alle persone. Certo, per farlo devi conoscere gli argomenti”.
Di quale risposte ha bisogno, oggi, il Polesine?
“Serve maggior attenzione a questa terra. Penso che oggi il polesano medio si senta dimenticato, come se non facesse parte di questa regione. E devo dire che in questi anni siamo stati abbandonati: viabilità, trasporti, turismo ed economia restano nodi irrisolti. E poi le nostre imprese stanno scomparendo. Temi a cui la Regione deve dare risposte. In parallelo, va aggiunto il tema energetico: troppe attività pseudoagricole, o camuffate da tali, stanno invadendo il nostro Polesine. Dobbiamo dare un indirizzo chiaro, verso uno sviluppo equilibrato”.
I quindici anni di Zaia sono tutti da buttare?
“Sì, e pure i 15 di Galan. Voglio aggiungere il tema sanitario: è vero che il problema riguarda tutto il Veneto, ma il Polesine sta pagando il prezzo più alto”.
Un problema di vasta portata: come si può risolvere, date anche le risorse limitate?
“L’Italia paga ogni anno 107 miliardi di euro di interessi sul debito. E’ però certificato che l’evasione fiscale vale 170 miliardi: recuperandola non solo azzeriamo il debito, ma ci resta l’equivalente di quattro finanziarie, ogni anno, per investire. Restando alla sanità, le politiche di Zaia in questi anni hanno reso quasi ininfluente il servizio pubblico, destinando il 31% dei fondi al privato. Scelte che si ripercuotono a cascata su tutto il sistema e che si traducono in meno soldi per medici e infermieri, liste d’attesa più lunghe, macchinari sottoutilizzati, e via così”.
Cinque anni fa il Pd polesano non riuscì ad eleggere un consigliere. E’ fiducioso per queste elezioni?
“Sì, e lo sono perché avere la voce del Pd in Regione vorrà dire portare i problemi del Polesine a Venezia. Nel 2002 il mio primo intervento in aula fu relativo al rovesciamento di una barca, causato da una secca, che provocò la morte di una persona. Ne nacque una battaglia per poter realizzare i pannelli a mare che oggi consentono ai nostri pescatori di rientrare in porto con più tranquillità. Questo significa avere un rappresentante in Regione”.
E oggi, quali sono le battaglie che farebbe?
“Quella per fermare le estrazioni. E si badi bene: oggi c’è una corsa, da parte degli esponenti di centrodestra, a dire che non si faranno, ma sono state proprio Lega, Fdi e Forza Italia a dare il via libera. Se dovessero riprendere, il Polesine finirebbe sott’acqua: quella che stiamo accelerando è la morte del nostro territorio. Siamo in una situazione assurda, come per la pesca”.
Che c’è da fare sulla pesca?
“Va bene pensare di esportare il granchio blu per scopi alimentari, ma non basta. Bisogna studiare gli effetti del cambiamento climatico, portare qui le università perché facciano ricerca. Avere le università vuol dire attirare qui i giovani e ridare vita al territorio, ma anche al fiume e al mare. La filiera è ricerca, innovazione, imprese, occupazione, famiglie. E’ una catena virtuosa che va attivata”.
Si parla molto di Delta, ma l’Alto Polesine?
“Il Distretto della Giostra realizza cose che nessuno al mondo riesce neanche a immaginare. Ma ha un problema: il reperimento della manodopera. E la ricetta è la stessa: formazione scolastica e professionale. E per le aree in via di spopolamento, l’Emilia Romagna dà l’esempio: asili nido gratis, trasporti gratis e contributi a fondo perduto per le giovani famiglie che scelgono di abitare nelle aree cosiddette disagiate. E poi c’è il tema della casa”.
In che senso?
“Nell’Alto Polesine sono cresciuti i poli logistici, ma mancano gli alloggi per i lavoratori. E allora, serve una grande riforma delle Ater, con una sovra-agenzia che metta in modo un fondo di rotazione con le banche del territorio per recuperare i troppi fabbricati fatiscenti”.
E la Zls?
“Ci sono imprese che l’hanno utilizzata e sono riuscite a fare innovazione, ma a un tessuto come il nostro, fatto di imprese medie e piccole, non possiamo chiedere sforzi economici esagerati, specie in questo momento. Non possiamo dire loro: investi, e il prossimo anno vedremo. Serve certezza sulle risorse, a lungo termine”.
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