VOCE
Treviso
23.11.2025 - 15:51
Succede tutto in pochi minuti: le scarpe che affondano nella ghiaia del ballast, una sagoma che procede lungo i binari della stazione di Fanzolo, i passeggeri che tirano fuori il telefono e compongono il 112. Dall’altra parte risponde la centrale operativa. Una pattuglia dei Carabinieri di Vedelago parte a sirene spente. Pochi istanti dopo, la decisione inevitabile: fermare i treni. L’intervento è rapido, ma alla vista dei militari quel giovane scatta in una fuga scomposta. La situazione precipita: resistenza, spintoni, una colluttazione, un carabiniere ferito in modo lieve. La serata, che doveva scorrere come tante, si trasforma in un manuale di ciò che non dovrebbe mai accadere in ferrovia.
Secondo quanto ricostruito, un 23enne, già noto alle forze dell’ordine, è stato visto camminare sulle rotaie all’altezza della stazione di Fanzolo, frazione di Vedelago. La segnalazione arriva dai cittadini al Numero Unico per le Emergenze 112: una scelta che si rivelerà determinante, perché consente di attivare in fretta la catena di sicurezza. Sul posto intervengono i Carabinieri della stazione di Vedelago che, seguendo le procedure previste in questi casi, chiedono l’interruzione della circolazione ferroviaria nel tratto interessato per evitare il peggio.
All’arrivo dei militari, il giovane tenta di dileguarsi oltre il marciapiede, imboccando l’area di sede ferroviaria. Ne nasce un inseguimento di pochi metri, quindi una colluttazione. La resistenza è energica: il 23enne cerca di divincolarsi e colpisce un carabiniere, che riporterà lievi lesioni. Il ragazzo viene immobilizzato e portato in caserma per l’identificazione e gli atti di rito. L’operatore di stazione, intanto, collabora per ripristinare la circolazione in sicurezza.
Chi usa il treno spesso si chiede: perché basta una persona lungo i binari per provocare blocchi e ritardi? La risposta sta nelle regole di sicurezza ferroviaria. Quando viene segnalata la presenza di «persone non autorizzate in prossimità dei binari», la priorità assoluta è evitare l’investimento e proteggere anche il personale ferroviario e le forze dell’ordine. In questi casi, la sala operativa e il Dirigente Movimento dispongono la riduzione della velocità o la sospensione temporanea del traffico finché l’area non è resa di nuovo sicura. È una prassi consolidata, che Rete Ferroviaria Italiana rende pubblica nei propri avvisi di infomobilità: anche episodi recenti in Veneto mostrano come la presenza di persone in sede ferroviaria comporti rallentamenti importanti e, talvolta, sospensioni fino a decine di minuti, con ripresa solo dopo l’intervento delle forze dell’ordine.
La stazione di Fanzolo si trova lungo la linea Calalzo–Padova, uno dei corridoi regionali che ogni giorno portano pendolari e studenti verso Castelfranco Veneto, Padova, Montebelluna e oltre. È una fermata di rete gestita da Rete Ferroviaria Italiana, con servizi regionali operati da Trenitalia nell’ambito del contratto di servizio con la Regione. Un nodo apparentemente piccolo, ma con un ruolo cruciale per chi si muove tra Trevigiano e Padovano: basta uno stop non programmato per ripercuotersi sulle coincidenze a Castelfranco Veneto e su più relazioni regionali.
Non è un caso se, nello stesso territorio comunale, il Comune di Vedelago abbia emanato nei mesi scorsi ordinanze sulla gestione dei passaggi a livello di Fanzolo, a conferma di quanto la sicurezza in ambito ferroviario sia materia viva, fatta di cantieri, regole e coordinamento quotidiano con gli enti locali.
C’è un punto da chiarire con nettezza: accedere ai binari non è solo pericoloso, è anche vietato. Il D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753 – il Regolamento di polizia ferroviaria – stabilisce che l’accesso è consentito solo nelle aree aperte al pubblico e comunque è «vietato l’attraversamento dei binari» al di fuori di sottopassi, sovrappassi o punti autorizzati, con sanzioni a carico dei trasgressori. Sono norme pensate per prevenire tragedie, che assegnano alle imprese ferroviarie il compito di definire le zone accessibili e a tutti gli utenti quello di rispettarle.
Quanto alle condotte contestate al 23enne nella fase dell’intervento, la cornice di riferimento è quella del codice penale. La resistenza a pubblico ufficiale è punita dall’articolo 337, che sanziona chi usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio. Se il soggetto rifiuta di fornire le generalità, può configurarsi anche la contravvenzione prevista dall’articolo 651 («rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale»). E quando, come in questo caso, un militare riporta lesioni, si valutano i profili dell’articolo 582 a seconda dell’entità e della prognosi certificata. Sarà l’autorità giudiziaria competente a qualificare i fatti.
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