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Sicurezza

“Sono il maresciallo, suo figlio è nei guai”: truffato 70enne

Una telefonata, una voce sicura e un complice alla porta: rubati gioielli per circa 2.000 euro a un 70enne

“Sono il maresciallo, suo figlio è nei guai”: il raggiro a Cadoneghe che racconta come cambiano le truffe agli anziani

La cornetta squilla a metà mattina, in un giorno qualunque. Dall’altra parte, una voce ferma, misurata, l’intonazione di chi non chiede permessi: “Parlo con il signor…? Sono il maresciallo”. Nel giro di pochi minuti la quotidianità di un settantenne di Cadoneghe si capovolge. Il 20 novembre qualcuno si finge carabiniere, cita un presunto incidente che coinvolge un familiare, chiede di “collaborare”. L’uomo, frastornato, resta al telefono mentre un “incaricato” bussa alla porta. Il copione scorre preciso: “Raccolga i gioielli per la cauzione, faremo subito la ricevuta”. Quando il complice esce, in tasca ha un bottino modesto solo in apparenza: circa 2.000 euro in preziosi. È la misura minima del danno; il resto, spesso, si conta in vergogna, paura, sfiducia. E nel silenzio che segue.

Secondo quanto ricostruito, il raggiro è avvenuto a Cadoneghe la mattina del 20 novembre e ha coinvolto un uomo di circa 70 anni. Il primo contatto è stato telefonico: il truffatore si è presentato come appartenente all’Arma dei Carabinieri, descrivendo una situazione d’emergenza che richiedeva denaro o gioielli per “aiutare” un congiunto. Poco dopo, un complice si è presentato alla porta per ritirare i preziosi, facendo credere alla vittima di star collaborando con la giustizia. Il valore stimato della refurtiva è di circa 2.000 euro in monili.

Il metodo ha una struttura collaudata: una telefonata che spinge a decidere senza riflettere, l’autorità evocata — il “finto carabiniere” — e l’arrivo a domicilio del “delegato” che “ritira” contanti e oro. È una trappola di psicologia prima che di destrezza: sfrutta l’ansia, il senso di responsabilità, la paura del giudizio.

Lo chiamano “falso incidente” o “finto maresciallo”: è tra le varianti più diffuse delle truffe agli anziani. Gli investigatori segnalano da tempo una filiera mobile, organizzata e capace di adattarsi: centrali di chiamata, linguaggi credibili, informazioni minime ma precise, auto a noleggio per gli spostamenti. Nella stessa area padovana, negli ultimi mesi le forze dell’ordine hanno documentato tentativi analoghi, talvolta sventati grazie al 112 e alla rapidità delle segnalazioni. In primavera, una operazione dell’Arma fra Cittadella e il Vicentino ha portato al pedinamento e al blocco di un sospetto legato a raggiri con il copione del “finto maresciallo”: un tassello che conferma quanto la rete criminale si muova fra province e sfrutti mezzi di copertura immediati.

Nel Padovano, a fine estate, la Polizia di Stato ha arrestato un 40enne accusato di aver colpito più anziani con la variante del “falso avvocato”: stesso principio, stessa urgenza indotta, stessi beni richiesti. Episodi diversi, ma parenti stretti, che mostrano come lo schema cambi maschera (avvocato, assicuratore, tecnico), senza cambiare bersaglio.

Non c’è provincia immune. In Trentino, ad esempio, l’Arma ha contato nel 2024 oltre 200 casi di truffe agli anziani, con una quota significativa riconducibile al “finto carabiniere”; un bilancio superiore alla media nazionale per percentuale di autori individuati, ma comunque indicativo di una realtà in crescita e in parte sommersa.

E il Veneto non fa eccezione. Nel corso del 2025, dalle cronache emergono operazioni e arresti che raccontano filiere interprovinciali, auto prese a noleggio, transiti rapidi fra comuni e regioni. A Padova, l’arresto del 40enne fermato alla stazione con gioielli e carte sottratti ad anziane vittime ha mostrato come gli stessi autori possano agire in più territori nell’arco di poche settimane.

Altrove, come ad Ancona, i tentativi sono stati fermati in tempo: due uomini, seguendo il copione del “suo figlio ha fatto una rapina”, sono stati intercettati e arrestati prima che la truffa andasse a segno. L’indizio che tradisce, spesso, è la fretta: pedinati, confondono i percorsi; fermati, non spiegano perché sono in zona.

Le forze dell’ordine ripetono da anni poche regole semplici. In diversi capoluoghi, la parola d’ordine è diventata: “Nel dubbio, chiamate il 112”. Mai consegnare denaro o beni a sconosciuti, mai lasciarsi convincere da chi si qualifica al telefono come carabiniere, poliziotto, avvocato, senza passare da una verifica ufficiale. I Carabinieri sottolineano che nessun militare chiede soldi o gioielli per “sbloccare” una situazione, tantomeno manda un “delegato” a casa: se qualcuno lo fa, è un truffatore.

La Polizia di Stato e le Questure hanno messo in campo campagne capillari: lettere recapitate agli over 85, incontri “porta a porta”, brochure distribuite anche in farmacia, momenti formativi nelle associazioni e nelle università della terza età. L’obiettivo è aiutare i cittadini a riconoscere la trappola nei primi 10 secondi, quelli decisivi per dire “no”, chiudere la chiamata e comporre il 112.

La buona notizia è che la prevenzione condivisa funziona. Nei comuni del Padovano, quando il passaparola gira — al mercato, in parrocchia, nei circoli — le segnalazioni aumentano e i truffatori trovano porte chiuse. È la stessa logica che sta alla base di progetti come “Più Sicuri Insieme”, promossi in collaborazione con ANAP Confartigianato e forze dell’ordine: incontri diffusi, consigli pratici, un linguaggio semplice su cosa fare e cosa evitare.

A livello locale, anche realtà socio-sanitarie e residenze per anziani ospitano appuntamenti formativi: la città diventa rete, la rete produce anticorpi. A Padova, il progetto comunale “Noi non ci caschiamo!” organizza sessioni dedicate con Carabinieri e Polizia, proprio per trasformare la conoscenza in riflesso automatico: quando arriva “quella” chiamata, si riaggancia.

Per molte vittime, l’effetto più pesante non è la perdita economica — nel caso di Cadoneghe, circa 2.000 euro — ma l’onda lunga che lascia in casa: la paura del telefono, la diffidenza verso chi bussa, la vergogna di “essersi fatti fregare”. Eppure la cronaca mostra che sempre più anziani colgono l’inganno e chiamano il 112 in tempo. Gli arresti e i deferimenti che punteggiano i bollettini quotidiani non sono una consolazione astratta: dicono che denunciare serve, che i gruppi vengono tracciati, che i complici non sono invisibili. Da Trieste a Padova, da Ancona a Vicenza, l’impegno delle forze dell’ordine si traduce in vademecum, pedinamenti, operazioni coordinate, con la collaborazione decisiva dei cittadini.

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