VOCE
festa di san Bellino
26.11.2025 - 06:00
“Anche nelle nostre comunità carcerati e i migranti sono due categorie che non godono del favore dell’opinione pubblica, ma che ugualmente hanno diritto all’attenzione e alla cura di chi governa la cosa pubblica, perché esseri umani, con una loro dignità”. Umanità, attenzione alle istanze del territorio, un dialogo fatto a più voci per mutamenti amministrativi che devono essere presi in considerazione, insieme. Già nei primi vespri della solennità di San Bellino, patrono della Diocesi di Adria - Rovigo e della città capoluogo, ieri sera l’incontro con gli amministratori della provincia e il vescovo Pierantonio Pavanello, negli spazi della casa della diocesi nel seminario vescovile. L’appuntamento, sulla stregua di quello dell’anno scorso in occasione dei festeggiamenti del santo sepolto nel paese omonimo, continua la tradizione di dialogo tra il vescovo e coloro che sono chiamati a guidare le comunità locali sparse nel lungo e stretto Polesine. E se secondo la tradizione fu un povero cane a ritrovare i resti assassinati del secondo vescovo di Padova nei pressi di Fratta, altrettanta attenzione è stata posta a chi, solo come un cane, emarginato e in povertà, anche nel nostro territorio si trova a vivere, tra difficoltà ma specialmente indifferenza amministrativa.
“Viviamo un tempo in cui il disagio sociale e la povertà sono in aumento. Vorrei quest’anno dedicare nella festa di San Bellino alcune considerazioni sull’attenzione necessaria al disagio sociale e alla povertà, sollecitato anche dal primo documento di Papa Leone, l’esortazione apostolica “Dilexi Te”” ha esordito Pavanello, dopo l’introduzione di Daniele Pasin, della commissione diocesana di pastorale sociale. “I poveri non sono solo un problema: il valore della nostra azione politica amministrativa si misura dal modo in cui trattiamo i più deboli e quelli che creano più problemi”. E citando san Giovanni Paolo II: “Una società è ‘alienata’ quando non si prende cura dei poveri. Abbiamo un carcere importante, 270 detenuti con un ampliamento in vista, un minorile che è in arrivo, occorre dialogare e confrontarsi per esser comunità vere, che siano comunali, provinciali, regionali”.
E a proposito di comunità, il focus è proseguito riprendendo ciò di cui si era discusso già un anno fa, insieme al contributo di Patrizia Messina, professoressa associata di scienza politica all’Università di Padova e Franco Balzi, già sindaco di Santorso (Vicenza). “Dei quasi 8000 comuni italiani, tanti, troppi sono quelli che versano in condizioni difficili, sia per una burocrazia (che li fa corrispondere alle grandi città) sia per un’ottica ‘indipendentista’ che cambia cambiando gli attori principali”. Confrontando l’esempio francese, da ben 36.000 comuni, ha continuato: “Sembrano tanti, in realtà a cambiare è il sistema paese, tenendo distinto quello che è il concetto di adeguatezza con la dimensione dell’identità. In Veneto, dei 560 comuni, più della metà sono sotto i 5000 abitanti. Soluzioni? Possibili reti intercomunali che sappiano fare squadra non per fare fusioni ma unioni di intenti sapendo che il beneficiario è il cittadino e il tessuto metropolitano regionale”.
Insomma, un assaggio di possibili strade, sapendo che quella maestra rimane quella dell’unità, tra ecclesia e amministratori, tra problemi e sviluppi ancor prima che economici, sociali.
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