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CULTURA

Gli anni dei surrogati al posto del tè

Analisi del Ventennio, nel libro di Stefano Chiarelli. Dalle critiche di Matteotti allo scoppio della guerra mondiale

Gli anni dei surrogati al posto del tè

Analisi del Ventennio, dalle critiche di Matteotti allo scoppio della guerra mondiale

L’economia ai tempi del fascismo, i suoi protagonisti e le sue implicazioni nei decenni successivi, fino ai giorni nostri, sono stati al centro venerdì pomeriggio nella sede del circolo Arci di Rovigo, in piazza Tien An Men, della presentazione del libro “Austerità, bonifiche e... carcadè. L’economia ai tempi del Duce” (edito da Il Poligrafo), scritto dal giornalista Stefano Chiarelli con la prefazione del docente e saggista Diego Crivellari.

Durante il vernissage, introdotto dal presidente di Arci 2 Giugno 1946 Giancarlo Lovisari e dal presidente di Anpi Rovigo Fabio Baratella, Chiarelli e Crivellari hanno ripercorso le principali tappe della storia economico-finanziaria del regime di Benito Mussolini, di rado oggetto di dibattito pubblico. Tappe fondamentali sia per la presa del potere che per la sua perdita durante la Seconda guerra mondiale.

“A partire da uno dei suoi principali cardini, l’austerità - la spiegazione dei due scrittori - segno distintivo dei primi anni della dittatura e mai del tutto sopita. Giacomo Matteotti la criticò aspramente, pagando la sua battaglia con la vita. Poi, l’inversione a U e il passaggio da uno Stato poco ‘interventista’ nell’economia ad un controllo pubblico sempre più dirigista, secondo solo all’Urss”.

Questa fase, contrassegnata anche dall’avvio di ingenti lavori pubblici, bonifiche comprese, culminerà (a seguito della crisi del 1929) prima nella nascita dell’Iri, un ente statale finalizzato ad assorbire grandi aziende e banche in difficoltà che durante la Prima repubblica diventerà il settimo conglomerato industriale al mondo come dimensioni, e infine nelle politiche autarchiche. Con la comparsa, a tratti grottesca, dei cosiddetti surrogati (il carcadè al posto del tè…), ossia prodotti autoctoni necessari ad importare meno materie prime.

“Non certo il viatico migliore sul piano economico in vista dello scoppio del secondo conflitto mondiale - chiudono gli autori - da cui scaturì un crollo che causò forti agitazioni operaie, chiavi di volta per il ricompattamento delle opposizioni antifasciste e l’inizio della Resistenza”.

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