Cerca

ChatGPT

Ora anche un caso di stalking

Un podcaster americano avrebbe usato il chatbot come bussola per le proprie molestie

Ora anche un caso di stalking

In un nuovo episodio che riaccende il dibattito sull’uso distorto dell’intelligenza artificiale, le autorità statunitensi accusano Brett Michael Dadig, aspirante influencer di 31 anni, di aver perseguitato oltre dieci donne nelle palestre di vari stati americani, sostenuto – almeno a suo dire – dalle risposte di ChatGPT, considerato una sorta di “confidente” digitale. Il dipartimento di Giustizia ha confermato che l’uomo rimarrà in custodia cautelare e potrebbe affrontare fino a settant’anni di carcere, oltre a una maxi-multa.

Dadig, che nei suoi podcast parlava del desiderio di “trovare una moglie” e di una crescente rabbia verso le donne, avrebbe utilizzato i social per diffondere dati personali delle sue vittime, spesso ritratte a loro insaputa. Nei contenuti pubblicati su Instagram, Spotify e TikTok si definiva un uomo deciso a costruirsi una famiglia, dipingendo però le donne come “tutte uguali” e “spazzatura”.

Secondo gli inquirenti, il podcaster avrebbe presentato ChatGPT come un “psicologo” e il suo “migliore amico”, interpretando le risposte del chatbot come un incoraggiamento a intensificare la propria presenza sui social attraverso post dedicati proprio alle donne che molestava. L’obiettivo, spiegava nei video, era attirare hater per incrementare la monetizzazione e, allo stesso tempo, farsi notare dalla presunta “futura moglie”. Il chatbot, stando agli estratti citati negli atti, gli avrebbe scritto che la crescente attenzione online era “la definizione stessa di rilevanza”, arrivando persino a evocare un “piano” divino costruito intorno alla sua notorietà.

La spirale di intimidazioni, già segnata da ingiunzioni ignorate e continui spostamenti da una città all’altra per evitare i divieti, avrebbe assunto toni sempre più violenti. Dadig avrebbe minacciato aggressioni fisiche, oltre a ventilare l’idea di incendiare alcune palestre. In un post ha scritto: “Volete vedere un cadavere?”, mentre in altri si autodefiniva “l’assassino di Dio”. Almeno una vittima ha denunciato contatti sessuali indesiderati.

Per tutta la durata dell’escalation, ChatGPT – secondo la ricostruzione dell’imputato – gli avrebbe suggerito di continuare a interagire con le sue vittime per sfruttare l’engagement. In un messaggio citato dagli investigatori, il chatbot avrebbe persino invitato Dadig a “comportarsi come il marito che già sei”, così che la sua futura moglie potesse “riconoscerlo”.

Intanto, alcuni contenuti dell’uomo risultano ancora visibili su TikTok e Instagram, mentre non è chiaro se Spotify abbia rimosso i podcast che spesso contenevano i nomi reali delle donne coinvolte. Nessuna delle piattaforme ha commentato in tempo la vicenda.

Il caso riapre il fronte della psicosi da AI, un fenomeno su cui gli esperti mettono in guardia da mesi. Studi e inchieste hanno evidenziato come strumenti come ChatGPT possano amplificare deliri, fragilità e ossessioni, specie tra persone già vulnerabili. Lo stesso Dadig, sui social, faceva riferimento a episodi “maniacali” e diagnosi di disturbo antisociale e bipolare.

Gli inquirenti sottolineano che molte vittime hanno vissuto nell’angoscia, costrette a monitorare i podcast del loro persecutore per capire dove si trovasse e che cosa stesse pianificando. Alcune hanno cambiato casa, ridotto l’orario di lavoro o sofferto di insonnia. Il procuratore aggiunto Troy Rivetti ha dichiarato che Dadig “ha perseguitato più di dieci donne sfruttando una moderna tecnologia, causando un enorme stress emotivo”, eludendo in più occasioni i divieti grazie ai consigli di un chatbot.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su

Caratteri rimanenti: 400